Calabria, sospetto traffico di rifiuti tossici nel lago Alaco. Invaso sequestrato
Tutto comincia tra il 2004 e il 2005. Anni in cui la So.Ri.Cal., società mista a partecipazione pubblica, per il 46,5% di proprietà della multinazionale francese Veolià, subentra alla Regione Calabria che ne mantiene solo una quota del 53,5%. E mentre la So.Ri.Cal. completa l'invaso e lo riempie, i cittadini denunciano che, sul suo letto, c'era una vera e propria discarica, mai bonificata. Ma le testimonianze più agghiaccianti riguardano un traffico di camion piuttosto sospetto. "Lì dentro c'è qualcosa che non va", afferma uno dei testimoni, che racconta di aver visto uno strano traffico di camion, provenienti da Amantea. "Sopra si vedevano pietre, sotto non so cosa c'era", continua il testimone. E confida ai giornalisti che la ditta che gestiva i camion in questione si chiamava "Coccimiglio". Ed era di Amantea, un territorio devastato dalla presenza del cesio 137. Uno ione radioattivo che non può prodursi in natura. I sospetti sono quindi concentrati sulla presunta attività illecita di Coccimiglio. Tra le testimonianze agghiaccianti anche quella di Maurizio Remo Reale, ex collaboratore So.Ri.Cal. ,oggi ridotto sul lastrico dai mancati pagamenti che la società si contende con la Regione Calabria. Reale testimonia la malagestione dell'invaso e la consapevolezza, tra le mura della So.Ri.Cal., che l'acqua non fosse potabilizzabile. Causa una bonifica dell'area del bacino non eseguita correttamente, che rende l'acqua giallognola e maleodorante. La presenza in eccesso di ferro e manganese, e dei gas sprigionasi dal terreno paludoso, nel cuore dell'invaso.
"Hanno tentato degli esperimenti, perché puzzava tanto che quando arrivava un campione non ci si poteva stare vicino!". E mentre Sergio De Marco, allora responsabile tecnico della società, il cui ruolo oggi è in dubbio, aveva affermato davanti alle telecamere di Crash, due settimane prima del sequestro dell'impianto, che "l'Istituto Superiore di Sanità ha confermato la perfetta qualità delle acque dell'Alaco e la loro perfetta capacità di essere trasformate in eccellenti acque potabili", l'Istituto Superiore di Sanità ha smentito. Perché non ci sono tipi di certificazione che possano garantire, nel tempo, la capacità delle acque di essere potabilizzate. Dopo il sequestro preventivo ordinato dalla Procura, ancora oggi nelle case dei vibonesi arriva l'acqua dell'Alaco. I sindaci, a parte qualche isolata eccezione, insistono a dichiarare l'acqua potabile, fidandosi delle analisi di Asp e ARPACAL. , i cui responsabili sono indagati anch'essi per aver omesso i controlli previsti dalla legge. Lo stesso Procuratore Capo di Vibo Valentia, Mario Spagnuolo, ha affermato ai microfoni di Crash: "Ci sono specifiche contestazioni presenti nel provvedimento di sequestro da cui si evince che questi controlli non ci sono stati, che questi controlli sono stati eseguiti da personale non specializzato. E' totalmente assente il controllo della So.Ri.Cal.". A oggi i cittadini delle Serre meditano una class action contro la So.Ri.Cal. per avvelenamento di massa. "Nelle Serre abbiamo sei volte la percentuale di tumori che c'è nel resto d'Europa" afferma l'associazione "Il Brigante", movimento di cittadini di Serra San Bruno che per primi hanno denunciato le perplessità sull'acqua che arriva nei rubinetti di un terzo della Calabria. "L'acqua è ancora maleodorante" ci dicono, "e alimenta solo la rabbia della gente". Una "raggia", come si dice in Calabria, che non si placherà fino a quando a queste popolazioni non sarà restituita la loro acqua.