Carcere. La seconda vita degli ergastolani con il rugby
Tra loro c’è Adrian, romeno di 57 anni, che ha militato nella nazionale di rugby della Romania under 22, giocando come mediano di mischia. Un’esperienza importante, che avrebbe potuto proiettarlo nel professionismo. Poi però, con il collasso della dittatura di Ceaușescu nel 1989, è stato costretto a fuggire in Italia, dove il destino lo ha portato a intraprendere strade sbagliate. È diventato autista di un boss mafioso ed è stato arrestato. Ha scontato oltre quindici anni di carcere e oggi, dopo tutti questi anni in cella, può tornare a coltivare la sua passione per il rugby nel carcere di San Gimignano, dove si trova attualmente detenuto.
Tutto questo è possibile grazie al progetto “Rugby oltre le sbarre”, promosso dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, dalla Federazione Italiana Rugby, dal Comitato Regionale Toscano rugby, un progetto grazie al quale i detenuti del carcere senese, diversi dei quali ergastolani, hanno la possibilità di allenarsi e di conoscere il mondo del rugby, nonostante la misura restrittiva cui sono sottoposti.
Si allenano nel campo sportivo del carcere. Possono pure prendere parte a corsi per ottenere la qualifica di arbitro. Centrali nel progetto i valori educativi del rugby: il rispetto delle regole, dell’avversario, dell’arbitro, il sostegno del compagno. “L’obiettivo primario del progetto è proprio questo – racconta uno degli allenatori, Leonardo Panci Contri – ovvero quello di abbassare la recidiva di queste persone che, grazie ai valori etici del rugby, possono diventare uomini diversi”.
Tra i detenuti rugbisti c’è anche un ragazzo italiano che ha militato nel campionato di serie B, con qualche presenza anche in serie A. Arrestato nel carcere di Sulmona, è stato trasferito a San Gimignano, anche in virtù della sua passione per il rugby.
Sostenitore del progetto è la Regione Toscana, come ha sottolineato l’assessora alle politiche sociali Serena Spinelli: “Sappiamo quanto lo sport sia un fattore di benessere e di crescita personale e collettiva. Per i detenuti far parte di una squadra di rugby, gli allenamenti, la condivisione delle regole e dell’impegno in campo, è una opportunità preziosa di salute e di nuove motivazioni, favorendo quindi la prospettiva di reinserimento sociale e la finalità rieducativa della detenzione, che deve essere sempre il primo obiettivo. Iniziative come questa sono un esempio di come la comunità possa portare un po’ di luce tra i tanti problemi, anche i più drammatici, che affliggono il sistema penitenziario del nostro Paese. Voglio ringraziare per questo tutti i soggetti coinvolti nel progetto, il Comune, la direzione e il personale della casa di reclusione, il Comitato toscano amatori rugby, le squadre old e in particolare i volontari e le volontarie, i tutor e gli allenatori che lo stanno facendo crescere e lo porteranno avanti anche nel carcere di San Gimignano”.
Il progetto è sostenuto anche dal comune di San Gimignano, come ha detto il sindaco Andrea Marrucci: “Allenamento, condivisione e soprattutto ‘il terzo tempo’ nel rispetto del più profondo valore del rugby. Crediamo fortemente in questo progetto che potrà far vivere ai detenuti momenti formativi all’insegna dello sport di squadra. I veri valori del rugby saranno fondamentali per il percorso di recupero sociale dei detenuti. Per questo la nostra Amministrazione, sempre attenta a ciò che accade nella Casa di Reclusione di Ranza, sostiene e condivide le finalità di questo progetto”.