Con la crisi, le aziende potenziano il welfare aziendale
MILANO - Oltre 100 manager delle direzioni del personale di altrettante aziende operanti in Italia hanno partecipato alla “survey” promossa da Welfare Company, provider di servizi di Welfare Aziendale controllato da QUI!Group Spa (società leader nei servizi alla persona con oltre 700 mila lavoratori quotidianamente raggiunti dai vari servizi gestiti). Dalla ricerca, condotta daLuca Pesenti, docente di Organizzazioni Sociali e Welfare Plurale presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, sono derivate interessanti indicazioni che confermano l’importanza dei Piani di Welfare Aziendale (Pwa). La ricerca ha anche individuato le direttrici necessarie a sostenerne lo sviluppo in vista della forte accelerazione che, data la carenza del nostro modello di Welfare State, la loro introduzione nelle imprese esprimerà nei prossimi anni. I risultati sono stati presentati ieri a Milano nel corso di un incontro organizzato da GIDP (Gruppo intersettoriale dei direttori del personale) cui hanno partecipato decine di aziende e di manager.
I numeri. La ricerca ha evidenziato che le aziende socialmente più responsabili, quelle che hanno implementato da alcuni anni più strutturati Pwa, in quest’ultimo periodo - complice la crisi, ma anche la constatazione dei benefici generati dall’aver introdotto queste logiche nel rapporto di lavoro - hanno aumentato il numero dei servizi di welfare aziendale (il 52% delle Imprese evidenzia oltre sei misure di welfare messe a disposizione dei dipendenti e delle loro famiglie).
Quanto ai contenuti dei Piani di welfare aziendali esistenti, oltre a confermare il “peso” preponderante delle coperture sanitarie integrative (46%) e la diffusione di formule di flessibilizzazione degli orari (45,9%) finalizzate a realizzare reali pratiche di equilibrio tra vita personale e professionale, la ricerca ha evidenziato la crescita, rispetto a rilevazioni similari effettuate anche solo pochi anni fa, dell’importanza data ai network convenzionati per la fruizione di sconti ed agevolazioni dedicate ai dipendenti (36,7%). Quest’ultimo dato è certamente cresciuto sulla spinta della crisi economica e quindi per ridurre l’impatto di livelli salariali da tempo bloccati nel loro adeguamento al crescente costo della vita.
Luca Pesenti, coordinatore della ricerca, ha rilevato come “se nell’opinione degli intervistati il welfare aziendale si è confermato come un prezioso alleato per ridurre la conflittualità, migliorare il clima aziendale e la produttività, grazie anche ad una sua evidente efficacia nel ridurre l’assenteismo (su questi aspetti concorda anche un campione di delegati sindacali della Cisl che ha fatto da ‘gruppo di confronto’), è anche emerso il desiderio quasi unanime di vedere presto realizzato un aggiornamento sia della disciplina fiscale (75%), sia di quella giuslavoristica (61%)”.
Per Giovanni Scansani, direttore generale di Welfare Company, “un dato interessante e ‘robusto’ nella sua dimensione numerica e soprattutto ideale, perché ancorato a motivazioni meno strumentali di quelle spesso invocate a fondamento delle policy di welfare aziendale, è la propensione verso la soddisfazione economica, sociale e familiare del dipendente che contano maggiormente rispetto al target dell’abbattimento del cuneo fiscale del costo del lavoro che i Pwa consentono di ottenere. Solo se la persona è realmente al centro del programma di welfare aziendale quest’ultimo è in grado di generare reciprocità nei termini di un maggior ‘engagement’ e di una maggiore produttività da parte dei beneficiari degli interventi”.
Infine, la ricerca ha evidenziato come lo sviluppo delle buone prassi di welfare aziendale passi necessariamente per un innalzamento delle soglie di deducibilità previste dal Tuir (Testo unico delle imposte sui redditi) e dalla possibilità di inserire nei contratti collettivi aziendali quei servizi oggi esclusi perchè ancora ricondotti ad una visione paternalistica del welfare in azienda.