14 giugno 2016 ore: 15:08
Immigrazione

Migranti, l'accoglienza dal basso sotto accusa: il caso di Udine

Parla la presidente dell’associazione "Ospiti in arrivo", dopo che alcuni dei volontari sono finiti nel mirino della magistratura. "Accuse a noi rivolte potrebbero toccare a tutti quelli che si stanno mobilitando per i profughi in Italia e in Europa”. Petizione online: “Arrestateci tutti”
Migranti. Ragazzo di colore mangia una mela

- ROMA - Le accuse contestate sono “invasione di edifici” e “favoreggiamento della permanenza di stranieri presenti illegalmente in Italia per trarne ingiusto profitto”. Sette volontari della Onlus di Udine, “Ospiti in arrivo” sono finiti nel mirino della magistratura. La loro colpa? Quella di aver aiutato migranti in transito nel nostro paese. Succede in Italia quello che sta accadendo già in altri paesi europei, come la Grecia, dove a gennaio a Mytilini, nell’isola di Lesbo, due volontari danesi dell'organizzazione Team Humanity, assieme tre bagnini spagnoli aderenti all’associazione ProemAid sono stati accusati di favoreggiamento dell’immigrazione irregolare. Qualche mese dopo la stessa sorte è toccata agli attivisti che operavano nel campo informale di Idomeni. Casi ripetuti, in cui sotto accusa non ci sono solo le singole persone, bensì un intero movimento, quello dell’attivismo dal basso, nato spontaneamente in diverse città europee per prestare aiuto a migranti e rifugiati.

Per questo la notizia delle indagini sui volontari di Udine ha dato il via a una mobilitazione di massa, su Change.org è stata lanciata una petizione con lo slogan “Arrestateci tutti”, che ha raggiunto in poche ore circa tremila firme. Tra i primi a sostenerla Loris De Filippi, presidente di Medici senza frontiere, Alessandra Ballerini, avvocata dei diritti umani e il giornalista Fabrizio Gatti. “Neanche noi ci aspettavamo una solidarietà così grande e attivata in tempi rapidi – sottolinea Francesca Carbone, presidente di Ospiti in arrivo -. In realtà le accuse che vengono rivolte ai nostri volontari potrebbero toccare a tutti quelli che sia in Italia, che in Europa, si stanno battendo per questi temi: in quella petizione domani potrebbe esserci scritto Baobab o Ventimiglia o il nome di altre persone che si sono attivate dal basso, ma anche di tutto quel terzo settore che in questo momento va a colmare le lacune delle istituzioni sul tema delle migrazioni”.

I fatti contestati ai sette volontari (3 dei quali sono anche indagati per favoreggiamento dell’immigrazione irregolare) risalgono alla fine del 2014 e 2015. In particolare al periodo natalizio, quando a Udine non esisteva alcuna struttura di prima accoglienza. Molti richiedenti asilo, (che pure avrebbero avuto diritto all’accoglienza secondo le direttive Ue 32 e 33 del 2013), erano “costretti a dormire per strada e avevano accesso a un solo pasto al giorno” spiega l’organizzazione. “Considerando la situazione inaccettabile e disumana, abbiamo iniziato a fornire quotidianamente assistenza a queste persone, portando pasti caldi e coperte nei luoghi dove trovavano riparo, cioè edifici dismessi, parchi, il sottopasso della stazione ferroviaria: un’informalità obbligata dalle inadempienze istituzionali e sostenuta esclusivamente grazie alle risorse messe a disposizione da privati cittadini e all’opera gratuita dei volontari”. Alcuni migranti sono stati anche accompagnati nella sede della Caritas di Udine. Di qui l’accusa di “invasione di edifici” e di “favoreggiamento della permanenza di stranieri presenti illegalmente in Italia, per trarne ingiusto profitto". “L’ingiusto profitto – spiega ancora Carbone – sarebbe il 5 per mille destinato alla onlus, di cui abbiamo fatto richiesta, ma dopo due anni non abbiamo ancora visto niente”.

L’associazione, nata spontaneamente da una decina di volontari, si è infatti costituita onlus nel dicembre 2014: “pian piano il progetto si è ingrandito, oggi conta circa 100 soci e un bel po’ di sostenitori. Inizialmente facevamo appelli pubblici per i beni materiali: distribuivamo la cena alle persone migranti prima che se ne occupasse la mensa della Caritas. Poi, quando abbiamo avuto bisogno di un fondo per portare avanti un progetto, abbiamo fatto ricorso a una piattaforma di crowdfunding: è il caso della missioni che abbiamo fatto in Grecia, a Idomeni. Siccome sono temi caldi - aggiunge - Ci tentiamo molto a far vedere come i soldi sono stati investiti, diamo sempre anche un feed back della spesa, il nostro bilancio 2015 è pubblicato sul nostro sito”. La mission della onlus, aggiunge, è duplice: “prestare accoglienza a chi arriva e  mobilitare la cittadinanza. Ci siamo sempre posti in questa prospettiva perché l’accoglienza puramente assistenziale non è per noi sostenibile”. E così Ospiti in arrivo ha iniziato a lavorare nelle scuole, ha portato avanti laboratori di teatro e realizzato la mostra “Uno, nessuno, tre milioni” sulla rotta Balcanica, che ha avuto più di tremila visitatori.  

Come per altre realtà presenti in Italia (ad esempio il Baobab Experience a Roma) la spinta dal basso dei cittadini volontari non è stata, però, raccolta dalle istituzioni, e così la onlus ha continuato a muoversi sul filo della legalità. “Dell’attività di prima accoglienza, svolta esclusivamente a fini di solidarietà sociale, come espresso nel nostro statuto, i volontari hanno informato per un lungo periodo tutte le istituzioni presenti sul territorio, con l’invio di report quotidiani alla Prefettura, alla Questura e al Comune di Udine”, spiegano. Diversi tavoli sono stati anche aperti con l’amministrazione comunale per costruire un modello di accoglienza condiviso. Ma ad oggi nulla si è concretizzato. Intanto, però,  i migranti continuano ad arrivare, “sono sempre di più – conclude Carbone -. ma la città non è preparata. In questi giorni, per la prima volta, abbiamo visto arrivare anche le donne e molti minori accompagnati da fratelli neo maggiorenni. La destinazione per loro rimane la tendopoli, non c’è un programma specifico. E il paradosso è che chi di loro riesce a fare il  percorso di accoglienza e ottenere l’ asilo o la protezione internazionale poi si ritrova in strada. Noi continuiamo a portargli  la coperta e il the, ma è assurdo che si agisca ancora in emergenza”. (ec) 

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