Migranti. “Preoccupazione per l'accoglienza, illegittime misure annunciate dal Viminale”
ROMA - C’è grande incertezza sul futuro dell’accoglienza di almeno 1.400 richiedenti asilo e titolari di protezione umanitaria in tutta Italia. La scorsa settimana una circolare del ministero dell’Interno ricordava che, come previsto dalla legge 132/2018 (ex decreto sicurezza), nel sistema Siproimi (ex Sprar) possono essere accolti solo i titolari di protezione internazionale e i minori non accompagnati. Da subito le associazioni che si occupano di tutela dei diritti hanno lanciato l’allarme, sottolineando come molti sarebbero stati messi alla porta da un giorno all’altro. La polemica, rimbalzata in poche ore, sui media e sui social, ha portato il Viminale a emettere una nuova nota in cui si spiegava che, a discrezione degli enti gestori, l’accoglienza poteva andare avanti usufruendo dei fondi Fami, gli stessi con cui saranno attivati i programmi di accompagnamento. “Nessuno dei 1.428 tirolari di permesso di soggiorno per motivi umanitari, attualmente presenti nel nuovo Sistema di protezione internazionale e per minori non accompagnati perderà l’assistenza - si legge nella nota - . L’autorità responsabile dei fondi europei Fami ha già pubblicato due avvisi riservati agli Enti locali per finanziare iniziative di accompagnamento all’autonomia e all’inclusione. Al momento i progetti sono 39 e a breve il nuovo bando verrà pubblicato. La continuità di assistenza dei titolari potrà essere garantita anche utilizzando strutture già destinate dai Comuni nell’ambito dei Siproimi. La possibilità di mantenere la sede rientra nella discrezionalità dell’Ente titolare ed è consentita dal Fami”. Questa mattina c'è stato un incontro tecnico tra rappresentanti del ministero dell'Interno e dell'Anci per "l'attivazione di un intervento che, attraverso l'utilizzo di risorse europee, consenta ai titolari di protezione umanitaria già presenti nei progetti Siproimi di proseguire la loro permanenza nelle medesime strutture anche oltre il prossimo 31 dicembre".
Tutto risolto? Non proprio. L’Associazione studi giuridici per l’immigrazione ritiene che quanto diffuso agli enti locali e agli enti attuatori del Siproimi sia da considerarsi “privo di qualunque valore ed efficacia per le ragioni di diritto”. Nello specifico l’Asgi ricorda che l’applicazione delle disposizioni introdotte dal dl sicurezza (113/2018) convertito nella Legge 132/2018 non è retroattiva: il richiedente asilo che aveva avuto accesso all’accoglienza prima del 5 ottobre 2018 nell’allora sistema Sprar, ora parzialmente trasfuso in Siproimi, ha quindi diritto alla prosecuzione delle stesse misure di accoglienza ordinarie previste al momento dell’accesso.“Del tutto incomprensibile e irrazionale risulta dunque la decisione assunta dal Ministero e comunicata dal Servizio centrale relativamente alla cessazione delle misure di integrazione sociale rivolte ai richiedenti asilo a partire dal 1.01.2020 - afferma Asgi nella nota-. Si tratta di una decisione non sorretta da qualsivoglia motivazione e neppure da un riferimento normativo e che, nella misura in cui determina un danno derivante dalla interruzione di percorsi di inclusione sociale già avviati, può altresì fare emergere possibili profili di danno erariale”. Per questo l’Associazione per gli studi giuridici chiede con forza al Ministero dell’Interno – Dipartimento Libertà Civili, “di rivedere quanto impropriamente diffuso e diramare nuove indicazioni operative conformi alla normativa vigente in materia di accoglienza”.
Il Tavolo Asilo chiede il ritiro delle due circolari "che si basano su una interpretazione erronea e illegittima del primo decreto sicurezza, di cui peraltro da tempo il terzo settore chiede l’abolizione". "Il prossimo 27 dicembre saremo in piazza, davanti le prefetture di tutta Italia per chiedere di ripristinare lo Sprar e garantire a tutti i richiedenti asilo e rifugiati presenti nel nostro Paese una accoglienza dignitosa, nel rispetto della Costituzione" aggiunge la nota firmata dalle principali organizzazioni umanitarie: da Caritas italiana a Sant'Egidio, A buon diritto, Arci, Cnca, ActionAid, Oxfam Italia e molte altre.
Anche a Roma le associazioni si muovono per chiedere una moratoria delle fuoriuscite dai centri di accoglienza. Lo fanno attraverso il neonato Comitato Romano della Campagna IoAccolgo: “ Negli ultimi anni, durante l'inverno, sono morte alcune persone – italiane e straniere – costrette a vivere per strada a causa della mancanza di un numero adeguato di posti letto nell’ambito delle strutture ricettive presenti sul territorio comunale. Quattordici i decessi, solo nell’inverno dello scorso anno. Il nuovo piano freddo messo a punto dal Comune di Roma - che prevede 450 posti totali - appare del tutto insufficiente a garantire che queste tragedie non si ripetano. In particolare dopo una lunga stagione di sgomberi, che ha causato il proliferare degli insediamenti informali”. I promotori ricordano che sono i cittadini stranieri i più esposti ai rischi, soprattutto in seguito alle nuove previsioni normative in materia di immigrazione e asilo: infatti, secondo le stime (ActionAid), circa 600 posti in accoglienza sono stati persi, tra dicembre 2018 e luglio 2019, nei CAS del territorio dell’area metropolitana di Roma. Roma, inoltre, rappresenta la principale destinazione anche per tutti coloro che per diverse ragioni sono usciti dalle strutture di accoglienza gestite dalle diverse prefetture del Lazio. Nelle 54 strutture di accoglienza gestite dall'Ufficio immigrazione sono attualmente ospitate 2.982 persone: 2.505 sono inserite nel sistema SIPROIMI, ex-Sprar (49 strutture) mentre solo 477 sono i posti nel Circuito cittadino, in 5 centri accessibili non solo a beneficiari di protezione. “Appare evidente come il circuito cittadino non rappresenti che una porzione residuale dell’accoglienza in città, mentre i numeri di chi ha richiesto accoglienza nella Capitale tramite l'Ufficio immigrazione del Comune tra il luglio 2017 e l’ottobre 2019 - e cioè 7.657 persone - sono impressionanti e indicativi dell’inadeguatezza sempre più marcata del sistema di accoglienza: tra quanti si sono rivolti allo Sportello Unico, molti sono i titolari di protezione umanitaria, ora abrogata (1.742 casi), e sono circa 1.400 le persone irregolari. A tutte queste situazioni bisognose di accoglienza, dobbiamo aggiungere, secondo le stime aggiornate al 2018 della comunità di Sant'Egidio, le circa 8.000 persone senza fissa dimora presenti a Roma e più di 3000 persone costrette a vivere all’aperto o in ripari di fortuna”.
Il Comitato ha chiesto un incontro alla sindaca Virginia Raggi, agli assessori competenti e a Gerarda Pantalone, prefetta di Roma, per esporre diverse richieste: una moratoria sulle dimissioni dai centri di accoglienza fino al 30 marzo 2020, permettendo di trascorrere al riparo i mesi più freddi a coloro che rischiano di essere estromessi dalle strutture per decorrenza dei termini; un’estensione del periodo di tolleranza da 3 a 10 giorni in caso di allontanamento spontaneo e/o non autorizzato dal centro di accoglienza, prima di procedere alla revoca; la possibilità di riaccogliere nelle strutture prefettizie e del Siproimi, fino al 30 marzo 2020 chi, allontanatosi negli ultimi 3 mesi e con un titolo di soggiorno valido, versa ora in una condizione di vulnerabilità e disagio anche abitativo. .