MILANO - Aziende produttrici di alcolici che lanciano campagne per un consumo responsabile dei propri prodotti? “E’ evidente che hanno un interesse preciso e non potrebbe essere altrimenti”. E’ secco il commento di Valentino Patussi, presidente della Società italiana di alcologia sulla campagna presentata oggi a Milano da Heineken per promuovere un consumo responsabile dei prodotti alcolici. “Ognuno ha il suo ruolo: il mio è di promuovere campagne contro il consumo di alcolici, per un’azienda l’obiettivo è vendere”, dice Patussi. Un dato di fatto che secondo il presidente della Società italiana di alcologia deve essere il punto fermo di ogni giudizio su iniziative simili: “Sono d’accordo che più si parla del problema meglio è, ma dietro le supposte motivazioni etiche di queste campagne c’è chiaramente un interesse commerciale”. L’obiettivo? Vendere a tutti poco. “Il problema delle aziende produttrici di alcolici è limitare i danni di immagine prodotti dal consumo eccessivo, ma certo non quello di non ridurre le vendite”, precisa Patussi, che spiega: “Negli ultimi tempi alcune aziende si sono accorte che utilizzare messaggi accattivanti per promuovere i propri prodotti stava diventando controproducente: molte famiglie si rendono conto dei rischi legati all’alcol per i propri figli e iniziano a guardare alle pubblicità delle bevande alcoliche come a un potenziale pericolo”.
Fare campagne sociali come quella di Heineken è quindi solo un modo per vendere i propri prodotti mascherandoli dietro messaggi ‘politicamente corretti’? “Non dico questo, ma che la salute non sia la priorità di un’azienda che produce alcolici è evidente – risponde Patussi -. D’altra parte da anni chiedo ai produttori di mettere su lattine e bottiglie indicazioni del tipo ‘le donne in gravidanza non devono bere’, ‘non usare alcolici quando ti metti alla guida’: la risposta è sempre stata negativa, eppure ogni anno in Europa muoiono a causa dell’alcol 50mila giovani”.
La pensa diversamente Enrico Tempesta, presidente del Comitato scientifico dell’Osservatorio permanente sui giovani e l’alcol, istituto di studi legato al Censis che ha nel Comitato di presidenza anche un rappresentante di Assobirra: “Senz’altro le aziende vogliono continuare a vendere e l’obiettivo è fare in modo che consumino tutti ma con moderazione; d’altra parte anche l’acol fa parte dei piaceri della vita e criminalizzarlo non servirebbe”. Positivo il giudizio sulle campagne promosse dalle aziende: “Finora molte iniziative simili promosse da istituzioni pubbliche si sono rivelate fallimentari, mentre credo che le competenze di marketing delle aziende possano essere messe con buoni risultati al servizio di campagne sociali”, dice Tempesta.