17 ottobre 2012 ore: 15:04
Economia

Sfollati due volte: l’odissea di 12 famiglie teramane

Dopo il sisma che nel 2009 devastò L’Aquila, furono alloggiati in un appartamento, ma da giugno non ottengono più il contributo per l’affitto. E hanno deciso di dormire in tenda a oltranza
Abruzzo, gli sfollati di San Nicolo (Teramo)
TERAMO – Qualche sparuto gruppo di tende canadesi che spunta tra gli alberi di ulivo. Qui e là, un paio di camper. E, subito dietro, la ferrovia, che per 14 ore al giorno trasporta pendolari da Teramo a Pescara. Sembrerebbe d’essere in un banalissimo campeggio estivo, non fosse per il freddo e la pioggia che iniziano a farsi sentire. E per quel grosso cartello posto all’ingresso, inequivocabile: “Così vivono gli sfollati di S. Nicolò”. 
La tendopoli improvvisata a Piano d’Accio (frazione di Teramo) è infatti l’ennesimo strascico del terremoto che nel 2009 devastò L’Aquila, colpendo molti dei territori circostanti. Qui, dal 27 settembre, dorme un terzo delle 36 famiglie che fino al 2009 abitavano il condominio “Uliveto” di S. Nicolò a Tordino (Teramo). Hanno giurato di non andar via finché il Comune, la Regione e la Protezione civile non li avranno ascoltati. Dalla sera dell’undici aprile di quell'anno non possono più entrare nelle loro abitazioni: da quando, cioè, la Protezione civile ha dichiarato l'inagibilità dell'edificio. 
“Fummo evacuati senza un minimo di preavviso”, ricorda Divinangelo Terribile, rappresentante degli sfollati. “Una squadra di vigili del fuoco si presentò nello spiazzo di fronte al nostro condominio, dove dormivamo dalla sera del sisma. Ci dissero di salire in casa a prendere lo stretto necessario per i giorni successivi. Ma non c’era un piano d’evacuazione e dovemmo improvvisare. Per tre mesi io e mia moglie abbiamo dormito a casa di mia suocera. Poi, grazie al contributo all’autonoma sistemazione, abbiamo potuto affittare un appartamento”. 

Dallo scorso giugno, però, il contributo non viene più erogato: tre anni, in effetti, avrebbero dovuto essere sufficienti a ultimare i lavori di risanamento dello stabile. Lavori che, invece, all’“Uliveto” non erano nemmeno iniziati. “Il nostro edificio – continua Terribile – è stato classificato con una ‘B’, ovvero come parzialmente inagibile. L’ingegnere che abbiamo assunto ha presentato in tempi ragionevoli il suo progetto al Comune: ma a quel punto è iniziata una serie di lungaggini burocratiche che ha bloccato l’erogazione dei fondi fino alla fine dello scorso agosto ”. 
Il collo di bottiglia sarebbe da ricercare nella filiera Fintecna – Cineas – Reluis, enti che si occupano delle pratiche di ricostruzione, interfacciandosi ai comuni colpiti dal sisma. “Ogni passaggio di burocrazia ha richiesto dei mesi” spiega Raffaele Bergamante, ingegnere incaricato del risanamento dell’edificio. “E alla fine, per istruire la pratica c'è voluto più di un anno e mezzo: abbiamo iniziato nel Dicembre 2010, ricevendo i fondi appena due mesi fa”. 
Così, lo scorso 16 luglio, trovatisi senza casa e senza contributi per l’affitto, gli ex inquilini dell’”Uliveto” decidono per la prima volta di alzare la voce, occupando l’edificio in cui avevano vissuto fino al 2009. “Siamo rimasti in sit-in per 49 giorni” continua Terribile. “Ad aiutarci alla fine è stato il sindaco di Teramo, Maruzio Brucchi. Che è andato in Regione a sollecitare la nostra pratica, facendoci ottenere alla fine i fondi per la ricostruzione. Da qualche settimana, finalmente, c’è un’impresa che sta lavorando al palazzo: ma, a voler essere ottimisti, servirà almeno un anno e mezzo per ultimare i lavori. E noi non possiamo più permetterci di pagare l'affitto. Per questo abbiamo deciso di andare a vivere nella tendopoli: vogliamo che le istituzioni si prendano le loro responsabilità”. 

Alcuni, in zona, già li accusano di voler vivere di pubblica assistenza, ma Terribile smentisce categoricamente. “Molti di noi – spiega - sono lavoratori precari con figli a carico; altri sono anziani che vivono con la pensione minima. Visto che il Comune di Teramo non si trova nella zona del cratere sismico, non abbiamo usufruito della sospensione dei mutui: la maggior parte di noi ha continuato a pagare in questi tre anni”. Come Emanuela, divorziata con due figlie di 9 e 12 anni. Che continua a pagare le rate per il suo appartamento all'Uliveto, pur essendo attualmente disoccupata. “All'inizio le bambine hanno preso la cosa come un gioco. Ma ora nelle tende inizia a far freddo e credo che si stiano stufando. Il problema è che non abbiamo alternative. E ho paura che i servizi sociali me le possano portar via. Dormire nelle tende per noi non è solo un gesto di protesta: lo facciamo per necessità. Ma certo vogliamo anche essere ascoltati”. 
E la politica locale, in effetti, sembra essersi finalmente accorta degli sfollati: il 9 ottobre una delegazione del Pd, guidata dal consigliere Claudio Ruffini, ha visitato la tendopoli, promettendo di seguire la questione in consiglio regionale. Nel frattempo, anche il sindaco Brucchi (Pdl) è tornato a visitare gli sfollati. “Il sindaco – conclude Terribile – si è impegnato a farci ottenere nuovi contributi all'affitto, tramite associazioni e fondazioni bancarie. Anche il consigliere Ruffini si è dimostrato molto attento alle nostre esigenze. A noi, comunque, non interessa da che parte arrivano gli aiuti: la politica non ci interessa, vogliamo solo che ci tirino fuori di qui”. (Antonio M. Storto)
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