4 luglio 2018 ore: 21:16
Immigrazione

Spagna, sbarchi non solo dalle ong. E l'accoglienza non è per tutti

I 60 arrivati con la Open Arms a Barcellona godranno di un permesso di soggiorno speciale di 30 giorni. Nelle stesse ore altri 160 sbarcavano in Andalusia: gli ultimi degli oltre 16 mila lì arrivati nei primi sei mesi del 2018. Per loro nessuna particolare accoglienza, ma un trattamento da immigrati irregolari
Proactiva Open Arms Proactiva Open Arms, salvataggio in mare
da Barcellona, Elena Marisol Brandolini
 
L’imbarcazione della Ong catalana Open Arms attracca al molo C del porto di Barcellona passate le 11 del mattino, con a bordo le 60 persone salvate lo scorso 30 giugno in mare, quando viaggiavano a bordo di un canotto in acque internazionali. “La chiusura dei porti in Italia e Malta ha obbligato l’organizzazione a cercare porti sicuri più lontani per sbarcare le persone soccorse, provocando il vuoto di imbarcazioni umanitarie nella zona per giorni. Negli ultimi tre ci sono stati più di 200 morti nella zona”,  denuncia Open Arms in un comunicato. “Durante i giorni di missione, la Guardia Costiera libica assieme alla Guardia Costiera italiana ha ostacolato il lavoro di salvataggio della squadra di Open Arms in reiterate occasioni. La situazione è diventata completamente ostile per le organizzazioni umanitarie nel Mediterraneo, che ora sono perseguitate da amministrazioni europee, quando siamo gli unici difensori dei diritti umani nel mare”.
 
All’arrivo dei migranti, la stampa è tenuta a debita distanza per rispettarne la privacy e non farne un evento mediatico. Il dispositivo di accoglienza è analogo a quello sperimentato già con i 630 rifugiati dell’Aquarius giunti a Valencia lo scorso 17 giugno: coordinato dalla Croce Rossa, vi partecipano il governo spagnolo attraverso la propria Delegazione in Catalogna, la Generalitat e il Comune di Barcellona.
 
I nuovi arrivati sono 50 uomini, 5 donne e 5 minori, dei quali 3 senza accompagnamento. Vengono dalla Palestina, dal Sudan, dal Mali, dalla Siria, dal Burkina Faso, dalla Costa d’Avorio, dall’Eritrea, dall’Egitto, dalla Repubblica Centro-Africana, dal Camerun, dall’Etiopia, dalla Libia, dal Bangladesh e dalla Guinea. Appena scesi a terra incontrano i servizi sanitari e di prima attenzione.
 
Godranno di un permesso di soggiorno speciale di 30 giorni, una misura concessa per “ragioni umanitarie” prevista dalla Legge sugli Stranieri ma non regolamentata nella sua durata, che consentirà ai nuovi ospiti non solo di riprendersi dal viaggio, ma soprattutto di gestire le pratiche per la richiesta di asilo con tranquillità; il Comune di Barcellona ha già assicurato il suo supporto giuridico, anche se per molti l’arrivo nella capitale catalana sarà il punto di partenza verso altri paesi europei. Evitato anche il ricovero presso un CIE, Centro de Internamiento de Extranjeros, così come aveva chiesto Open Arms: gli uomini saranno alloggiati in una residenza sportiva in una località fuori Barcellona, dipendente dalla Generalitat, le donne e i bambini accompagnati saranno trasferiti in una residenza di Barcellona, mentre i minori privi di accompagnamento passeranno alle cure dei servizi della Generalitat.
 
Nelle stesse ore in cui queste persone venivano salvate al largo della Libia, altre 160 venivano portate in salvo dal Salvamento Marítimo, intercettate in mare sullo Stretto di Gibilterra e fatte approdare nel porto di Tarifa, a Cadice, in Andalusia. Così come era accaduto nelle stesse ore in cui l’Aquarius arrivava al porto di Velencia: un migliaio di migranti venivano allora salvati davanti alle coste andaluse nell’indifferenza dei media internazionali. E’ quanto accade alla Frontera Sur e sulla rotta Ovest, diventata ormai la più pericolosa nel Mediterraneo e il cui attraversamento è in crescita. Il Salvamento Marítimo ha già soccorso nei primi 6 mesi di quest’anno 16.359 persone che navigavano al largo delle coste andaluse a bordo di 791 scialuppe. E quando arrivano in Andalusia non vengono accolti dalle autorità spagnole come i 630 dell’Aquarius o i 60 di Open Arms. Perché sono trattati come immigrati irregolari e perciò, appena identificati, sono fatti per lo più oggetto di un procedimento di espulsione e sono trattenuti presso il commissariato fino a 72 ore. O vengono smistati a Barcellona, Madrid, Bilbao, perché nei CIE del Sud non c’è più spazio.   
 
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