Svizzera, il Centro sociale protestante contro le restrizioni sulle politiche d'accoglienza
MILANO - Il Centro sociale protestante (Csp) di Ginevra non ci sta alle nuove politiche dell'asilo che il governo federale vuole introdurre in Svizzera. Lo scrive nero su bianco Aldo Brina, difensore legale dei richiedenti asilo che si presentano agli uffici del Csp. Il commento del giurista è stato ripreso da ProtestInfo, il portale delle notizie della comunità protestante svizzera.
Anche nella confederazione elvetica si respira un'aria da "invasione". Eppure è vero il contrario, come ricorda il legale di Csp: la Svizzera in media ospitava il 6,3% delle domande d'asilo depositate in Europa tra il 2009 e il 2013. Nel primo semestre del 2015 la percentuale si è dimezzata. Simonetta Sommaruga, presidente della Confederazione elvetica, ha promosso la scorsa settimana una riforma della legge sull'asilo che impone tempi e procedure più serrate. La valutazione del Cps è negativa: "La riforma può volgere alla catastrofe", scrive Brina. Di tempo perché la riforma prenda una china positiva o negativa ce n'è: le nuove direttive entreranno in vigore nel 2019. Motivo per il quale si conosce poco al di là delle intenzioni.
Quel che è certo per il Csp è il clima politico negativo, in cui l'Udc, il partito di governo, punta a una "Svizzera immaginaria", chiusa dai problemi del mondo. "Chiediamo di organizzare una politica dell'asilo il più lontano da posizioni ideologiche", prosegue il legale. L'obiettivo deve essere mantenere delle condizioni degne per l'accoglienza dei richiedenti, così come la Svizzera ha fatto dal 1970 ad oggi, 45 anni in cui la Confederazione ha accolto 210 mila persone (4.772 all'anno di media). Le richieste a Sommaruga del Cps sono di "sospendere i rinvii dei richiedenti asilo, effettuati in nome dell'Accordo di Dublino, verso Paesi europei che sono oltre il limite per i nuovi arrivi". In più, Cps chiede che ogni cantone presenti "una pianificazione seria di nuovi posti per l'accoglienza, perché non ci si può accontentare di aprire rifugi di prima accoglienza (protection, ndr) a tutta forza: lì le condizioni di vita sono esecrabile e le persone che vi soggiornano più di qualche settimana non sono più nelle condizioni fisiche e psicologiche per adattarsi al Paese che li ha accolti". (lb)