Tutti in fila alla mensa “a bassa soglia” di padre Domenico
Un piatto di pasta povero, a volte condito con del pomodoro, un po’ di pane e una fetta di prosciutto. Non ci sono tavoli e nemmeno sedie, qui si mangia in piedi o, quando si trova posto, seduti sul muretto del chiostro dell’oratorio. È lo stretto indispensabile che diventa lusso. A coordinare i volontari in cucina c’è Padre Domenico, abituato negli anni a confrontarsi con una realtà difficile che prima delle parole chiede vestiti e cibo:“Non mi interessa sapere il nome di chi viene qui. Mi basta rispettino le regole: devono essere educati e presentarsi in orario alle 14.30”. Il meccanismo è molto semplice: non serve iscriversi, è sufficiente mettersi in fila e aspettare il proprio turno. “A volte viene distribuito un numerino, ma lo facciamo solo perché non si crei confusione”. E se è vero che l’appuntamento è sempre alla stessa ora, ogni giorno della settimana domenica compresa, spesso gli ospiti si presentano con abbondante anticipo. Perché tutti loro sanno che chi arriva prima può avere qualcosa in più. “Prima di servire il pasto – racconta ancora Padre Domenico - mettiamo a disposizione frutta e verdura recuperati nei mercati cittadini. In genere ci sono patate, pomodori, sedani, zucchine e cetrioli”. Messe in un angolo del cortile, le cassette si svuotano in due minuti. Ciascuno prende quello che può. C’è chi riempie sacchetti di plastica da portare via, e chi non aspetta, afferra e addenta subito un pomodoro.
Il resto del cibo, quello cucinato per il pranzo, proviene invece dall’Opera Padre Marella, da Last Minute Market e dalle donazioni di alcuni privati. Di tutte le età e le nazionalità le persone che frequentano la struttura di via Zamboni: rumeni, russi, sudamericani, egiziani e tunisini. “Nella vita ho fatto tutti i tipi di lavori – racconta Giovanni, 64 anni ancora da compiere, una stampella e pochi denti – dall’operaio, all’addetto alle pulizie negli alberghi della riviera. Oggi, a un anno dalla pensione, non ho i soldi nemmeno per fare la spesa”. In mezzo a loro anche alcuni dei punk-a-bestia che durante la giornata gravitano nella zona di Piazza Verdi. “La maggior parte dei nostri utenti sono senza fissa dimora. Ma ci chiedono aiuto anche giovani madri sole, anziani in pensione, immigrati senza lavoro. Insomma, non chiudiamo la porta a nessuno. Chi ha bisogno viene qui e un pasto lo trova sempre”.
Gestita da Padre Domenico, frate del Comunità della chiesa di S.Giacomo, insieme ad alcuni volontari, quella dell’oratorio di S.Cecilia è l’unica mensa senza soglie d’accesso di Bologna. Nelle altre tre principali strutture della città, la mensa dell’Antoniano in via Guinizzelli, della Caritas di via S.Caterina, e quella Comunale di via del Porto, l’accesso ai servizi non è diretto e immediato, e prima di chiedere il pasto è necessario superare un percorso d’accreditamento. (gz)