30 giugno 2016 ore: 10:30
Società

Qualificati ma non valorizzati: in Italia 500 mila laureati stranieri

E gli italiani lasciano il paese: tra il 2002 e il 2015 emigrati 202 mila diplomati e 145 mila laureati (23 mila nel 2015), su oltre 4,8 milioni di italiani all’estero, oltre 400 mila sono laureati. Studio dell’Istituto studi politici San Pio V: preoccupa che persone qualificate non trovino sbocco adeguato
Giovani e laurea

ROMA – La tendenza dei laureati italiani a trasferirsi all’estero dovrebbe potersi basare su una libera scelta. Invece le ragioni che il spingono a emigrare sono quasi sempre: la mancanza di un’occupazione o di un’occupazione confacente alla propria formazione, il mancato rispetto della meritocrazia, le ristrette possibilità di avanzamento, le forme contrattuali precarie, lo scarso sostegno ai progetti di ricerca, la penuria dei servizi necessari, il mancato collegamento tra l’università e il mondo produttivo, l’interesse al completamento della propria formazione con un’esperienza all’estero. Secondo quanto emerso dalla ricerca “Le migrazioni qualificate in Italia. Ricerche, statistiche, prospettive”, realizzata dal Centro di studi politici San Pio V e presentata oggi a Roma: “Il problema del Sistema-Italia non consiste tanto nella mancanza di personale con un’istruzione superiore, quanto nell’incapacità di utilizzarlo in maniera adeguata, così da contenere la partenza dei talenti italiani e da inserire con maggiore apertura i talenti esteri. In tale prospettiva, non verrà meno il flusso di italiani che si recheranno all’estero ma si determinerà una positiva circolazione di personale qualificato”. Insomma, in Italia i talenti ci sono, anche tra gli stranieri, ma non sono valorizzati.

I laureati emigrati dall’Italia. Secondo il Rapporto nazionale giovani 2016, in Italia 6 giovani su 10 sono propensi a emigrare. Nel corso di questo secolo gli espatri hanno conosciuto un andamento discontinuo: con un’impennata nel 2004, quando hanno lasciato il Paese oltre 102 mila italiani, e una diminuzione fino a 50 mila nel 2010 e 2011, per poi superare le 80 mila unità tra il 2013 e il 2014 e le 100 mila nel 2015. Alla fine del 2014 i cittadini italiani registrati all’Anagrafe dei residenti all’estero (Aire) erano circa 4,8 milioni: l’incidenza dei titolari di istruzione superiore tra gli emigranti (il 17,5% nel 2002) è andata aumentando fino ad arrivare negli ultimi anno a circa la metà dei cancellati per l’estero. I diplomati annualmente in partenza, poco più d 10 mila nel 2000, hanno superato i 27 mila nel 2015, mentre i laureati che erano meno di 4 mila all’inizio del periodo, sono arrivati a sfiorare i 24 mila. Si calcola che tra il 2002 e il 2015 hanno lasciato l’Italia 202 mila diplomati e 145 mila laureati, cifre non compensate dagli italiani che sono rientrati. Tra i Paesi che registrano le maggiori presenze di laureati italiani a livello europeo ci sono Francia, Regno Unito e Svizzera, mentre oltreoceano Stati Uniti (dove il gruppo italiano è tra i più numerosi tra gli scienziati europei tanto che, secondo una ricerca del Cnr, sarebbero 25 mila i professionisti italiani in posizioni di alto livello negli Usa, di cui 3.500 in ambito accademico) e Australia. “Tuttavia – si legge nella ricerca – l’aumento dei diplomati e dei laureati presso la popolazione straniera residente in Italia ha abbondantemente coperto queste perdite”.

I laureati stranieri in Italia. Tra il 2001 e il 2011 i laureati e i diplomati tra la popolazione straniera residente nel nostro Paese sono aumentati più che i laureati e i diplomati tra gli italiani. Nel 2001 i laureati italiani erano poco più di 4 milioni (pari al 7,5% della popolazione), mentre i diplomati quasi 14 milioni (il 25,9% della popolazone). Tra gli stranieri residenti (circa 1,2 milioni) i laureati erano il 12,1% (quasi 147 mila), mentre i diplomati il 27,7% (circa 336 mila). “In quell’anno – si legge nella ricerca – la percentuale di diplomati e laureati era più elevata tra gli stranieri residenti che tra gli italiani”. A distanza di un decennio com’è cambiata la situazione? Nel 2011 la popolazione italiana è aumentata del 4,2%, con 6,2 milioni di laureati (ovvero l’11,2% con un aumento sul 2001 pari al 55,3%) e 16,9 milioni (ovvero il 30,2% con un +21,7% sul 2001). E gli stranieri? La popolazione residente è triplicata, raggiungendo i 3,6 milioni (+199, 6%). I laureati stranieri sono 390 mila (incidenza del 10,7% con un aumento del 165,3% sul 2001) e i diplomati sono quasi 1,2 milioni (incidenza del 32,4% con un aumento del 149,8%). “Nel 2014 secondo i dati Istat la popolazione straniera residente con più di 15 anni conta quasi il 40% di laureati e il 10,3% di laureati ovvero poco meno di mezzo milione, senza includere i laureati stranieri che nel frattempo sono diventati italiani e i soggiornanti stranieri non ancora registrati come residenti – si legge nella ricerca – Per cui si può dire che questa presenza compensa il flusso dei laureati italiani verso l’estero, se non fosse che resta scarsamente valorizzata”.

Il sistema di istruzione nazionale. Anche se diverse ricerche dicono che i laureati trovano più facilmente lavoro, il numero dei laureati nel nostro Paese è più basso rispetto ad altri Paesi, in cui tra l’altro questi sono maggiormente valorizzati. Nel nostro Paese la spesa per l’istruzione incide per il 4,1% sul Pil (la media europea è del 4,9%). La spesa è quasi in linea con la media europea nell’educazione primaria, più bassa in quella secondaria e molto al di sotto in quella universitaria e post-universitaria (a cui è destinato lo 0,3% rispetto allo 0,8% della media europea e allo 0,9% della Germania). In Italia inoltre l’utilizzo della banda larga è limitato e gli insegnanti non utilizzano le nuove tecnologie nel loro lavoro. L’uscita precoce dai percorsi di formazione che nella Ue a 28 incide per l’11,2%, in Italia arriva al 15% con punte fino al 19,3% tra i 18-24enni che vivono nelle Regioni del Sud. Il corpo docente italiano si distingue per un maggiore invecchiamento: quelli con meno di 40 anni sono solo il 16 per cento. Tra gli aspetti positivi il superamento del divario tra maschi e femmine per il conseguimento di una laurea (le donne sono il 59%) e i titolari di un primo dottorato (il 52% contro la media Ocse del 47%).

Ricerca e sviluppo insufficiente. Gli investimenti in ricerca e sviluppo sono l’1,29% del Pil (nella Ue è il 2,03%), quindi ben lontano dall’obiettivo dell’Unione europea del 3 per cento. Tra l’altro il 24,3% della spesa italiana in ricerca e sviluppo proviene da imprese estere. Nel 2013 secondo l’Istat i ricercatori impegnati in ricerca e sviluppo sono circa 246 mila ovvero 4 ogni mille abitanti. Situazione negativa anche per gli investimenti in cultura: l’Italia è al penultimo posto in Europa con l’1,4% della spesa pubblica (la media europeaè del 2,1%). Altro dato insoddisfacente è che solo 1 manager su 4 è laureato contro il 54% della media europea e il 68% della Francia. Nel 2015 si è però registrato un aumento del 9% delle domande di brevetti (con Lombardia e Milano in cima alla graduatoria territoriale).

Ogni migrante è un investimento. Secondo l’Ocse in Italia si spendono per ciascuno studente 90 mila dollari fino alla terza media, 134 mila dollari fino al diploma, 158 mila dollari fino alla triennale, 178 mila dollari fino alla magistrale, 228 mila dollari fino al dottorato. Ci sono poi i costi sostenuti per i migranti che non sono arrivati al diploma, le spese aggiuntive sostenute dalle famiglie per far studiare i figli e quelle per il sostentamento. Alle perdite vanno poi aggiunti i mancati introiti derivanti dal deposito e dall’utilizzo all’estero di brevetti messi a punto da ricercatori emigrati. “Una persona che lascia il proprio Paese rappresenta quindi un notevole ‘capitale’ specialmente nel caso di laureati e dottori di ricerca – si legge nella ricerca – Ne consegue che, se gli italiani si recassero all’estero senza alcun tipo di ritorno, o di contropartita, la perdita economica per il sistema Paese sarebbe rilevante. In realtà non mancano le compensazioni: immediatamente la diminuzione della disoccupazione intelletturale e in prospettiva la promozione dell’immagine dell’Italia, l’impatto sul turismo, l’invio di risparmi, i collegamenti scientifico culturali e, talvolta, anche il ritorno con un’esperienza professionale perfezionata”. Altro fattore di compensazione è rappresentato dagli immigrati stranieri stabilitisi in Italia e portatori di investimenti in istruzione.

© Riproduzione riservata Ricevi la Newsletter gratuita Home Page Scegli il tuo abbonamento Leggi le ultime news
Maggio
LunMarMerGioVenSabDom
2829301234567891011121314151617181920212223242526272829303112345678
Maggio
LunMarMerGioVenSabDom
2829301234567891011121314151617181920212223242526272829303112345678