Scampia avrà l'università: fine dei lavori entro il 2014
NAPOLI – Da simbolo di degrado a polo sociale e culturale di riferimento di una delle più importanti università italiane. Una trasformazione che i cittadini di Scampia, periferia napoletana nota soprattutto per i morti di camorra e per lo spaccio di droga, aspettano da ormai otto anni. Era il 2006 quando, grazie a un protocollo di intesa tra regione Campania, comune di Napoli e università degli Studi di Napoli Federico II, veniva deliberato il progetto “ScampiSan”. Obiettivo: realizzare una nuova sede della facoltà di Medicina dell’università napoletana nell’area in cui si trovava la Vela H, prima di essere abbattuta nel 2002.
Dopo vari rimpalli di responsabilità per lo sblocco dei fondi (oltre 30 milioni di euro) destinati al progetto e paventati rischi di sforare il patto di stabilità, oggi sembrano finalmente vicini al termine i lavori esterni della struttura di quattro piani che, stando a quello che si legge sul sito istituzionale del comune, dovrebbe “favorire un flusso di circa 2000 persone tra studenti, docenti e personale di servizio, costituendo fattore di animazione sociale ed economica del territorio”. Entro la fine del 2014 l’opera dovrebbe essere completa. Il condizionale è d’obbligo, visto che solo per concludere questa prima fase ci sono voluti molti appelli lanciati dalle associazioni del territorio, una campagna di sensibilizzazione nelle scuole e una petizione popolare che ha raccolto oltre 10 mila firme.
A spiegarlo è Simona Del Vecchio, tra le principali promotrici del comitato “Dateci Facoltà”, nato quattro anni fa con l’obiettivo di accendere i riflettori sul caso e svolgere un ruolo di monitoraggio sulla effettiva realizzazione del progetto: “Il polo dovrebbe avere una duplice funzione. Oltre a essere un centro accademico, dovrebbe accogliere anche una serie di servizi del Policlinico, rappresentando così anche un centro diagnostico. Noi ci battiamo perché tutto questo avvenga realmente”. “Dateci Facoltà” è, infatti, il messaggio che un gruppo di giovani universitari del quartiere nato dalle parrocchie e scevro da qualsiasi colore politico, intende dare alle istituzioni “non solo come richiesta di attenzione al problema, ma soprattutto come desiderio di riappropriarsi della possibilità di partecipare alla vita del quartiere scegliendone, assieme alle istituzioni locali, il volto e la vocazione”.
“Che bello sarebbe poter vedere rinascere Scampia – racconta Simona Del Vecchio, che fa parte del Direttivo del comitato insieme a Emma Dello Iacovo, Michele Lucco e Fabiana Romano – vedere la gente passeggiare anche di sera, far emergere le opportunità che ci sono qui, combattere quello stereotipo che vede Scampia solo come simbolo di morte e degrado”. Ecco allora il piano del comitato: vigilare fino alla fine dei cantiere e anche dopo “perché ScampiSan possa essere davvero volano di sviluppo economico e sociale, portando reali benefici al quartiere, e non un contenitore vuoto, come è successo nel caso di Piazza Telematica”. “Non basta completare la struttura – sottolineano – occorrerà arredarla, dotarla delle attrezzature necessarie allo svolgimento delle attività didattiche, ambulatoriali e di ricerca, così come previsto nel progetto originario. È per questo hanno firmato oltre diecimila persone”. (Maria Nocerino)