2 marzo 2011 ore: 15:37
Società

Violenza sulle donne, 127 omicidi in Italia nel 2010

Cinque i casi in Emilia Romagna di cui 2 a Bologna. Nel 67% dei casi gli assassini sono parenti o conoscenti. Nel 78% dei casi si tratta di italiane. Cretella (Casa delle donne): “Un dato allarmante e sottostimato”. La ricerca sarà presentata l’8 marzo
Tania/Contrasto Cartelli "Basta" da manifestazione contro violenza sulle donne
BOLOGNANel 2010 le donne uccise in Italia sono state 127, il 6,7% in più rispetto all’anno precedente. Di questi omicidi 5 sono avvenuti in Emilia-Romagna: 2 a Bologna, 2 in provincia di Modena e 1 a Rimini. Nel 67% dei casi, i delitti si sono consumati in famiglia. I dati, preoccupanti in particolare considerando la crescita dal 2005 a oggi, sono quelli di “Il costo di essere donna – Indagine sul femicidio in Italia”, che, come avverte Chiara Cretella della Casa delle donne per non subire violenza che l’ha realizzata, sono “allarmanti anche perché sottostimati”. Le volontarie della Casa delle donne raccolgono, infatti, solo i casi che sono usciti sulla stampa nazionale (e non su quella locale). Dal conteggio rimangono pertanto esclusi gli omicidi irrisolti, le donne scomparse, le vittime della tratta, mentre vi rientrano gli omicidi in flagranza di reato e quelli che hanno già raggiunto un grado di giudizio. “Tanto per fare un esempio, l’omicidio di Sarah Scazzi non vi rientra, così come quella di Yara Gambirasio non sarà conteggiato nel 2011 a meno che non arrivi in giudizio prima della fine dell’anno”.
Svolta per il sesto anno consecutivo da un gruppo di volontarie dell’associazione bolognese, la ricerca analizza le uccisioni legate alla violenza di genere: un fenomeno non sufficientemente indagato e portato all’attenzione dei media e dell’opinione pubblica. L’insieme dei dati restituisce un quadro allarmante che mette in rilievo aspetti che ci si ostina a ignorare. Il primo è che nella stragrande maggioranza dei casi (78%) le vittime sono italiane, così come italiani sono gli uomini che le hanno uccise (79%). Il secondo è dato dalla stretta relazione tra vittima e assassino: a uccidere sono mariti (22%), ex (23%), compagni o conviventi (9%), figli (11%) e padri (2%). “Il rapporto conferma  che la violenza familiare è un’altissima causa di morte – spiega Cretella – ma essa è solo l’apice di altre violenze subite e taciute”.

Ma perché gli uomini uccidono? Le ragioni sono tra le più svariate: incapacità di accettare le separazioni (19%), gelosia (10%), conflittualità (12%), questioni economiche (10%). Un altro dato importante è quello che riguarda le armi del delitto: le armi da taglio sono usate nel 26% dei casi, mentre le armi da fuoco nel 31% dei casi. “Un elemento da non sottovalutare quello delle armi – chiarisce Cretella – Dalla nostra ricerca emerge che l’aver accesso o avere la disponibilità di un’arma da fuoco aumenta la percentuale degli omicidi”. Secondo Cretella, alcune categorie, come quella delle guardie giurate, dovrebbero essere più controllate.
Secondo la Casa delle donne, il femicidio non è il frutto di un’azione improvvisa o di un raptus, ma l’epilogo di un crescendo di violenza a senso unico. Secondo l’Osservatorio nazionale sullo stalking (attivo dal 2007), un’alta percentuale di omicidi è preceduta da atti persecutori, molestie, stalking. “È necessario velocizzare le procedure – spiega Cretella – Ci sono stati casi di donne uccise che avevano presentato denuncia per stalking ma la cui pratica non era ancora stata evasa”.

La ricerca della Casa delle donne, che sarà presentata a Bologna l’8 marzo presso l’Istituto Storico Parri, è dedicata a Ilham Azounid e al suo bambino di due anni, uccisi dal padre-marito italiano lo scorso 6 febbraio a Bologna. “Anche in quel caso si trattava di un omicidio annunciato – conclude Cretella – Ilham si era infatti rivolta alla Casa delle donne ed era stata accolta nelle nostre strutture quando era incinta del figlio e subiva i maltrattamenti del marito”. In occasione dell’8 marzo in Cineteca sarà proiettato “No woman, no cry” (Usa, 2010), il documentario girato dall’ex top model Christy Thurlington che tratta delle morti femminili legate alla gravidanza. (lp)
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