Cavagnini, l’uomo immagine del basket azzurro: “Lo sport ridona la vita”
Paralimpiadi, Londra 2012. Matteo Cavagnini
Sta più fuori che a casa, infatti, Matteo Cavagnini: ogni stagione porta con sé una sfilza inimmaginabile di convocazioni, raduni, tornei, trofei nazionali e continentali. Per non parlare di Europei e Mondiali. O di Paralimpiadi. Prima di un grande evento, racconta, «ci sono grande tensione, pressione e nervosismo: ne sa qualcosa mia moglie, che deve sopportarmi, ma lei sa come prendermi e cosa dirmi; e io sono consapevole che, quando finirà la mia carriera, tutto questo mi mancherà terribilmente». La carriera di Matteo (in bacheca tre titoli europei 2003, 2005 e 2009 con la Nazionale, oltre a scudetti, Coppe Italia e Supercoppe) nasce da «una banalissima caduta dal motorino. Avevo 14 anni, andavo a prendere il latte e ho tagliato la strada, con un po’ di spavalderia, pensando che non potesse succedermi nulla. Mi sentivo invulnerabile, come tutti i ragazzi – racconta – e invece è arrivata una macchina che mi ha travolto». «È stata durissima, inizialmente non lo accetti: ci ho messo due anni a realizzare che la nuova vita era una vita da disabile, senza una gamba». Poi le prime protesi («ho riassaporato il gusto di tornare in piedi, mi sono risentito quasi normale») e l’invito di due amici a provare con il basket: "È proprio in quel momento, sedendomi sulla carrozzina per giocare, che ho accettato pienamente la mia disabilità». Il ricordo sportivo più bello, l’oro a Parigi agli Europei nel 2005: "Non potrò mai dimenticarlo. Due anni prima a Sassari ero più che altro una riserva, a Parigi invece sono stato protagonista». Il ricordo più brutto, invece, la mancata qualificazione ai Giochi di Pechino 2008: «Abbiamo imparato che anche nella sconfitta si può vincere, restando uniti come gruppo e continuando a credere nel proprio valore: solo così, dopo il fallimento di Pechino, è potuto arrivare l’oro europeo di Turchia 2009. Il lavoro paga, non si deve mollare mai».
Lui, appassionato di Harry Potter ("un libro che mi ha fatto impazzire per quanto è bello"), capace di piangere ascoltando la colonna sonora di Braveheart, amante del pesce cucinato dal compagno di Nazionale Galliano Marchionni nel ristorante al Lido Fand, sulla spiaggia di Giulianova, il suo futuro se lo immagina sempre nell’ambiente sportivo: «Sto finendo un master in management dello sport, per capirne le dinamiche e i meccanismi amministrativi e politici». Nel frattempo è certo che lo sport gli ha «regalato tutto: sacrifici, obiettivi e traguardi da raggiungere. A me, ha ridato la vita». (ska)