2 novembre 2017 ore: 13:54
Immigrazione

Roma, verso nuovi sgomberi: a viale del Policlinico si teme di finire in strada

A viale del Policlinico vivono 45 famiglie, circa 140 persone di diverse nazionalità. Lo stabile, occupato da 8 anni, è il primo della lista dei nuovi sgomberi a Roma. “Non ci hanno proposto alternative”, dicono gli occupanti. Intanto il comune lancia un bando di gara per strutture temporanee dove accogliere gli sgomberati
Occupazione policlinico roma - 2 novembre 2017
Occupazione policlinico roma - 2 novembre 2017

ROMA – “Stiamo solo aspettando che ci dicano dove ci vogliono buttare”. H., 73 anni mi apre il cancello con aria sconsolata. Qui ogni mattina si aspetta che la polizia faccia - irruzione, da quando il nome della palazzina di viale del Policlinico è finita nella lista delle occupazioni sotto sgombero a Roma. “I giornali hanno scritto 21 novembre come data – continua l’anziana donna di origine eritrea -. Ma a noi nessuno ci ha detto niente, nessuno ci ha proposto una soluzione alternativa”. Nella palazzina di 5 piani, a pochi passi dall’ospedale Umberto I, vivono 45 famiglie, oltre 140 persone. Tra questi una trentina sono i minori. “Siamo qui da 8 anni – continua H. – Siamo originari di diversi paesi: io vengo dall’Eritrea ma ci sono anche marocchini, sudamericani, persone dell’Est. Abbiamo sempre vissuto insieme senza problemi. Ma ora abbiamo paura, non vogliamo ritrovarci per strada”.

H. è arrivata è in Italia da oltre 40 anni. “Sono venuta qui nel ’75 per lavorare – racconta -. Facevo la donna delle pulizie a viale Mazzini. L’ho fatto per tanti anni. Oggi ho una pensione minima che non mi permette di pagare un affitto. Vivo con mio figlio di 38 anni, che non lavora. Lui è italiano, io ho il permesso di soggiorno di lungo periodo, la cittadinanza non l’ho mai presa anche se ho tutti i requisiti”. L’altra figlia è ad Asmara, vive lì con il compagno e i tre figli. “Non sappiamo cosa succederà, i giornali scrivono che entro fine novembre ci sgomberano. Ma io non voglio finire per strada”. Nella sala della portineria, dal televisore una donna controlla il video della telecamera di sorveglianza che dà sulla strada. Si fanno turni di picchetto per vigilare sull’arrivo delle forze dell’ordine. Insieme a lei Sergey, 65, di origine polacca. “Sono in Italia da vent’anni – dice – prima facevo il muratore, ma ora mi chiamano solo ogni tanto per qualche lavoretto. Sono troppo vecchio per il cantiere. Anche la mia compagna non lavora”. Mentre parliamo un uomo anziano, di origine eritrea, annuisce: “qui ci sono molte persone malate ed anziani, non si rendono conto che se ci mandano via per noi è la fine”.

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Sul cancello di ingresso i residenti hanno appeso uno striscione con scritto “No allo sgombero di viale del Policlinico”. Sul portone di ingresso della palazzina è, invece, affisso un articolo del Corriere della sera, dal titolo “500 mila invisibili”, in cui si fotografa la situazione dei migranti e dei rifugiati che vivono nelle occupazioni in Italia. Dentro lo stabile l’accesso alla stampa è pressoché impossibile: gli occupanti non si fidano dei giornalisti. Mi concedono solo un giro al primo piano. Su ogni stanza c’è un numero con il nome di chi la occupa. Christian, 58 anni, egiziano, in Italia dal 1994 mi fa entrare nella sua. Pochi metri quadri dove c’è tutto: un letto, un armadio, un piccolo frigorifero e un fornelletto per cucinare. Sul comodino le buste con i medicinali: “Sono cardiopatico, ho subito un’operazione e ora ho un bypass – spiega-. Per questo ho smesso di lavorare, e ora prego tutti i giorni perché non ci sgomberino”. Christian è un cristiano copto. Nella sua stanza ha diversi simboli religiosi, un quadro di Gesù, una statua della Madonna e l’effigie di San Luca. “Spero che almeno loro ci ascoltino, qui non ci ascolta nessuno”.

Come per lo stabile di via Curtatone, anche sulla palazzina di viale del Policlino pende una sentenza del Tar che ha accolto il ricorso della società proprietaria, e che intima all'amministrazione capitolina di procedere entro il 21 novembre, data in cui scadranno i 120 giorni indicati dal Tribunale amministrativo. Lo sgombero dovrebbe essere imminente e si teme una nuova “piazza Indipendenza”. La responsabilità è della Prefettura, mentre al Comune di Roma spetterebbe l’accoglienza dei soggetti in condizione di vulnerabilità.

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Non è un caso che il 23 ottobre scorso Roma Capitale abbia indetto una gara d’appalto per “strutture di accoglienza temporanea, articolata in moduli abitativi, anche prefabbricati, preferibilmente in contesti diffusi nel territorio cittadino o in un unico complesso, per ospitare massimo 100 persone”. Nella delibera si fa riferimento alla circolare Minniti in cui il ministero dell’Interno ha messo nero su bianco l’impossibilità di compiere sgomberi in mancanza di soluzioni alternative, chiedendo un’attenzione particolare ai soggetti vulnerabili. “La tutela dei nuclei familiari in situazioni di disagio economico e sociale – si legge nella delibera – è  condizione prioritaria per la “definizione delle modalità di esecuzione delle operazioni di sgombero”. Le strutture temporanee di accoglienza potranno ospitare, dunque, famiglie “in gravissime condizioni di fragilità ed eccezionalmente singoli, che sono prevalentemente in situazione di emergenza e in condizioni di grave vulnerabilità sociale e/o sottoposti a sgomberi”. L’obiettivo – si legge ancora- è quello di favorire la non separazione delle famiglie e proporre alle persone fragili un alloggio accogliente che sappia valorizzare le potenzialità degli ospiti e stimolare la cura di sé e dell’ambiente ospitante, avviando percorsi a breve termine per un recupero della capacità di gestione delle proprie autonomie, in stretta connessione con i servizi socio-sanitari territorialmente competenti e con le risorse informali presenti”. (Eleonora Camilli)

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