30 marzo 2015 ore: 13:00
Economia

Kenya, tre canali tv oscurati per il mancato passaggio al digitale

Migliaia di posti di lavoro in bilico e stipendi perduti. Dopo un duro negoziato, la situazione si è sbloccata. Accuse al governo per un cambio ritenuto troppo precipitoso, e in cui i telespettatori devono sostenere una spesa alta per acquistare il decoder
Uhuru Kenyatta

Uhuru Kenyatta

In esclusiva da News from Africa
NAIROBI – In una situazione che ricorda gli anni 80, in cui Voice of Kenya era l'unico canale televisivo nel paese, i keniani si sono trovati costretti a guardare per un mese intero la sola Kenya Broadcasting Corporation (Kbc), l'emittente statale, e ad ascoltare K24, una radio locale di proprietà del presidente Uhuru Kenyatta. La situazione si è creata a seguito della interruzione improvvisa dei segnali analogici delle tre televisioni principali – Nation Television, Kenya Television Network e Citizen TV – da parte del Communication Authority of Kenya (Cak) per non aver rispettato le scadenze del passaggio al digitale terrestre che l’autorità aveva fissato per dicembre 2014. L'unica altra volta che si era visto un oscuramento dei canali televisivi fu nel 2007-2008 durante i disordini post-elettorali, quando i le trasmissioni furono volutamente interrotte per arginare le violenze.

Dopo mesi di battaglie giuridiche fra il Cak e i canali tv locali, alla fine il primo ha avuto la meglio e il 13 febbraio la Corte suprema ha deliberato in suo favore, lasciando confusi i telespettatori e tutto lo staff delle tre emittenti in questione. Migliaia di posti di lavoro sono stati in bilico mentre continuava la situazione di stallo.

I keniani hanno finora sempre visto la televisione con il segnale analogico, inferiore a quello digitale in suono, qualità delle immagini e interattività. Per passare alla piattaforma digitale i consumatori dovranno “aggiornare” la loro vecchia tv con un decoder che permetterà loro di accedere gratuitamente ai normali programmi.

Riguardo a ciò si sono espresse le emittenti chiamate in causa, sostenendo che si sta imponendo un passaggio al digitale troppo precipitoso, e che soprattutto i 63 scellini keniani necessari all'acquisto di un decoder sono ben oltre le possibilità del telespettatore medio. Il governo però insiste che tutti i canali devono trasferirsi sulla piattaforma digitale entro giugno 2015, la data di scadenza globale stabilita dall'International Telecommunications Union(Itu). Infatti i paesi membri dell'Itu hanno firmato nel 2006 alla Regional Radio Communication Conference un trattato nel quale si impegnano a passare completamente dall'analogico al digitale entro il 17 giugno 2015. In Africa orientale per ora soltanto Tanzania e Ruanda sono passati al digitale.

Il nocciolo della questione dell'impasse nel passaggio al digitale è stata la decisione del Cak di autorizzare due emittenti – Signet (sussidiario dell'emittente statale Kbc) e Pan African Network Group (una società di proprietà cinese) – a trasmettere anche i contenuti delle tre emittenti principali. Queste ultime si sono lamentate che vorrebbero avere un segnale di distribuzione proprio ed avere il permesso di fornire ai telespettatori i propri decoder.

Il direttore generale del Cak Francis Wangusi ha detto che i tre canali temono la competizione e vogliono continuare a dominare il mercato. “Vogliono coltivare le loro tendenze monopolistiche e tagliar fuori gli altri concorrenti. Ritengo che sia molto egoistico da parte loro”, ha affermato Wangusi ad un convegno sui media a Nairobi, chiamando le emittenti “I tre moschettieri”.

Con i tre canali più importanti che non hanno trasmesso, anche gli sponsor hanno perso incassi. Per questo anch'essi si sono uniti nello “stand-off” (stallo) spronando le parti in disputa a raggiungere un compromesso. Secondo Lenny Ng'aang'a, dell'associazione nazionale delle compagnie pubblicitarie, un lungo blackout dei media porterebbe a grosse perdite di entrate colpendo con un effetto domino tutta l'economia. Le compagnie pubblicitarie ridurranno infatti sempre più gli investimenti sulla televisione, abbassando la domanda dei consumatori.

Chi ha pagato di più le spese di questo stand-off è l'industria creativa, i cui contenuti vanno in onda sui tre canali chiusi dal Cak. Già attori, comici, musicisti, produttori ed equipe che dipendenti dalle tre emittenti hanno perso lo stipendio nel periodo in cui i programmi non sono andati in onda.

Non sono state trasmessi molti degli show settimanali e soap opera come The Churchill Show, Aunty Boss, Papa Shirandula, Gavana, Beba Beba e Mali. Ovviamente le decine di persone che ci lavorano non sono state pagate.

Fortunatamente, i tre canali sono potuti ripartire nella seconda metà di marzo dopo un lungo negoziato tra i proprietari delle emittenti e il governo. Ma il danno è stato ormai fatto.

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