L’autistico? “Una persona che ha trovato di meglio che socializzare”
Il principale hobby di Pietro è l’atletica leggera e soprattutto la corsa, che pratica tre volte a settimana: “Mi dà sensazioni molto positive, è stato un vero piacere scoprirla”.
ROMA - Per lui un autistico è “una persona che nella vita ha trovato di meglio che socializzare». Come molti dei suoi connazionali britannici, Tony Attwood, classe 1952, psicologo clinico e uno dei massimi esperti mondiali in tema di sindrome di Asperger, riesce a dosare sapientemente umorismo e analisi pacata di un fenomeno di cui si sa ancora molto poco. Cominciò a occuparsi dei disordini dello spettro autistico all’inizio degli anni Settanta e nel 1992 il suo interesse si focalizzò sulle persone con sindrome di Asperger, un tipo di autismo ad alto funzionamento allora pressoché sconosciuto. Oggi Attwood risiede in Australia, dove ha svolto la maggior parte della sua attività di clinico e studioso, focalizzando il suo interesse soprattutto sul trattamento di ansia, rabbia, depressione e manifestazione dell’affetto da parte dei più giovani. Lo ha intervistato Antonella Patete per SuperAbile Magazine, la rivista sulla disabilità edita dall’Inail.
Ancora oggi non tutti riescono ad avere una diagnosi, neppure in età adulta. Come può accadere una cosa del genere e quali sono le conseguenze?
La difficoltà di ricevere la diagnosi riguarda soprattutto gli adulti e le donne in particolar modo. Invece ottenerla è fondamentale, perché essa fornisce una spiegazione alle proprie caratteristiche, abilità ed esperienze pregresse. Comprendere il presente getta luce sul passato e offre indicazioni per il futuro. Perché più capisci te stesso, più sei in grado di prendere decisioni sulla base delle tue reali possibilità.
Ma ottenere prima la diagnosi aiuta?
Direi di sì. Tutte le volte che chiedo a un adulto quando avrebbe preferito essere diagnosticato, la risposta è sempre la stessa: “Il più presto possibile, almeno non mi sarei sentito così stupido e strano”.
Si è occupato a lungo di Asperger al femminile. Quali sono le principali caratteristiche delle donne con questa sindrome?
Rispetto agli uomini le donne sono più intelligenti, costruttive e creative nell’affrontare la propria diversità. Le ragazze imparano a socializzare guardando le loro coetanee. Le osservano e a volte le imitano, cambiando personalità a seconda della situazione. Così apprendono come comportarsi, diventando molto brave a nascondere la propria confusione sociale. I problemi arrivano dopo: gli adolescenti avvertono a pelle che qualcuno è diverso e, a quell’età, se una persona non è come le altre viene derisa e rifiutata. Le donne, dunque, generalmente vengono diagnosticate nell’adolescenza o nell’età adulta perché sono più brave a camuffare la propria differenza e a imparare, attraverso l’osservazione e l’imitazione degli altri, il comportamento da tenere. Ma si sentono comunque diverse, anche se fanno di tutto perché gli altri non se ne accorgano.
Si sente parlare di sindrome di Asperger soprattutto in relazione alla presenza di talenti eccezionali. Cosa c’è di vero in questo e – soprattutto – è vero per tutti?
La sindrome di Asperger comporta un modo differente di percepire la realtà, di apprendere e di pensare. Il cervello è organizzato diversamente e in alcuni casi le abilità intellettuali possono sfociare nella creatività o in una particolare attitudine nella risoluzione dei problemi, soprattutto per quanto riguarda le discipline scientifiche. Alcuni hanno difficoltà ad esprimere le emozioni attraverso le parole, ma riescono a comunicare con la musica, la pittura, la poesia o la fotografia. Rifugiarsi nell’immaginazione può essere un modo per combattere l’isolamento. Inoltre le persone con Asperger hanno l’abilità di dedicarsi alla soluzione di un problema più a lungo e con più intensità, la determinazione e la capacità di cogliere connessioni tra le cose che gli altri non vedono. Insomma la scienza e l’arte hanno bisogno di loro. Il problema è che la maggior parte degli esseri umani pone la socializzazione al primo posto, per cui il loro modo di fare non risulta molto popolare.
Quali sono le principali difficoltà di una persona con Asperger rispetto agli affetti e alle amicizie?
Spesso non riescono ad avere degli amici e soprattutto hanno problemi a mantenerli. Non sentono l’esigenza di manifestare i propri sentimenti, soprattutto attraverso le parole. Per questo dico loro: “I neurotipici sono persone delicate, hanno bisogno di sentirsi dire continuamente che gli vuoi bene. Sono come fiori fragili: se non glielo dici, dopo un po’ appassiscono”.
Negli ultimi anni si è cominciato a sentir parlare di Asperger pride: un passaggio dall’accettazione di sé all’orgoglio di essere quello che sei. Qual è la sua opinione in proposito?
Nella mia esperienza è raro che un adolescente possa provare l’orgoglio di essere Asperger. A volte i giovani rifiutano perfino di essere definiti tali. Non perché non siano d’accordo sulla diagnosi, ma perché sono terrorizzati dalla reazione dei coetanei rispetto a una definizione che attesta la loro differenza. Non riescono ad accettare l’idea di essere diversi perché hanno paura di essere presi in giro, stigmatizzati, rifiutati. L’orgoglio di essere quello che sei può arrivare solo più tardi, con l’avvento della maturità e di una maggiore fiducia e consapevolezza di sé. A mio avviso, comunque, è una gran cosa, perché significa innanzitutto accettarsi. E questo è un magnifico antidoto alla depressione, assai meglio di qualsiasi medicina. Non a caso tanti dicono: non voglio diventare un neurotipico di serie B, preferisco essere un Asperger di serie A.
Autore di numerosi testi scientifici, Tony Attwood è stato appena tradotto per la prima volta in italiano da Armando Editore, che con il suo volume Esplorare i sentimenti. Terapia cognitivo comportamentale per gestire ansia e rabbia inaugura la collana “Infinite diversità”, interamente dedicata ad autismo e sindrome di Asperger. A inizio giugno Attowod è stato a Roma, dove ha tenuto un seminario di due giorni organizzato dall’associazione Spazio Asperger. (Antonella Patete)