17 marzo 2017 ore: 17:32
Economia

Povertà, Emmaus Italia: bene il reddito d'inclusione, ma non basta

L'analisi del presidente Franco Monnicchi: "Se da una parte consideriamo positivo che delle risorse vengano stanziate per venire in soccorso a chi vive in condizioni di miseria, dall’altra vediamo i limiti e le lacune di un provvedimento che non è in grado di sostenere nemmeno la metà delle famiglie che vivono al di sotto della soglia di povertà"
Euro in primo piano, reddito minimo, povertà

PALERMO - "Le recenti decisioni del Parlamento riguardanti il contrasto alla miseria e alle disuguaglianze ci lasciano per certi versi perplessi e, per altri, ci indignano". Con queste parole il presidente di Emmaus Italia Franco Monnicchi commenta la recente approvazione della legge delega sulla povertà. "Se da una parte consideriamo positivo che delle risorse, tramite il reddito di inclusione sociale - sottolinea -, vengano stanziate per venire in soccorso a chi vive in condizioni di miseria, dall’altra vediamo anche i limiti e le lacune di un provvedimento che non ci sembra in grado di sostenere, con tali risorse, nemmeno la metà delle famiglie che vivono al di sotto della soglia di povertà e di affrontare in maniera organica il problema. Al tempo stesso assistiamo anche ad altre decisioni scandalose e ingiuste, come il taglio di circa 212 milioni di euro al Fondo nazionale per le politiche sociali e di altri 50 milioni al Fondo nazionale per la non autosufficienza - continua Franco Monnicchi -; se a ciò si aggiunge la proposta di detassazione – la cosiddetta Flat tax ideata dal governo per attirare i miliardari residenti all’estero – si comprende che, come al solito, si privilegiano ancora una volta i ricchi, contando sulle ‘briciole’, sulle ‘elemosine’ derivanti dai loro patrimoni costruiti sullo sfruttamento, sui paradisi fiscali, sulla demolizione dello stato sociale". 

Secondo il presidente italiano della comunità Emmaus fondata dall'Abbè Pierre queste misure risponderebbero realmente molto poco all'incalzare delle diverse povertà in Italia. "Una delle conseguenze dirette di un tale stato di cose, che noi tocchiamo con mano - sottolinea ancora - è il progressivo aumento della richiesta di accoglienza all’interno delle nostre comunità da parte di persone espulse dal mondo del lavoro e dal sistema sociale. Assistiamo al loro smarrimento e alla loro rabbia, a un crescente livello di frustrazione che spinge verso scelte di disperazione e di semplificazione: tutto ciò genera inevitabilmente un clima di conflitto che prende spesso di mira altri individui disperati, diversi per provenienza e cultura". 

Le altre strade su cui dovrebbe puntare il governo dovrebbero essere secondo Monnicchi soprattutto l'investimento ampio per garantire nuove opportunità lavorative. "Ribadiamo fermamente che il principio di una società solidale e civile – presente nella nostra Costituzione – è basato sul diritto e non sull’elemosina. Senza dubbio nessuno possiede la bacchetta magica. È tuttavia evidente la necessità di invertire la rotta e di attuare politiche di inclusione a partire dal lavoro conclude infine -. Il lavoro è dignità e non sfruttamento; il lavoro, come ha affermato anche don Luigi Ciotti, è un bene comune e un diritto universale che non deve essere piegato alle logiche del mercato gestito da pochi potenti della finanza. Insieme alla Rete dei numeri pari chiediamo inoltre la revisione dell’articolo 81 della Costituzione sul pareggio di bilancio, in modo da sganciare le risorse destinate al sistema sociale dal patto di stabilità, e che venga discusso e approvato il reddito di dignità". (set)

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