17 ottobre 2015 ore: 13:35
Immigrazione

Rifugiati, in Piemonte 300 famiglie pronte ad accoglierli in casa

Le candidature sono state raccolte dalla pastorale migranti di Torino, che con la Regione sta studiando un sistema che permetta di accogliere i profughi in modo uniforme sul territorio. Allo studio anche un nuovo protocollo per individuare, nei centri di prima accoglienza, le potenziali vittime di tratta
Rifugiati siriani a catania in attesa di accoglienza

box TORINO - “Li prendereste a casa vostra”? In un’Italia che si va spaccando sempre più sul tema delle migrazioni, è questa la provocazione che più volte, negli ultimi mesi, è stata lanciata in direzione di quanti si dicono favorevoli ad accogliere profughi e migranti. Una fetta di paese che, a ben vedere, va crescendo di giorno in giorno; tanto che - dopo il coming out dell’assessore torinese Ilda Curti, che per vent’anni ha ospitato rifugiati nella sua abitazione - ora anche i cittadini iniziano a voler fare la loro. Nel solo Piemonte, sarebbero almeno trecento le famiglie che si sono fatte avanti per accogliere un profugo in casa: a rivelarlo è l’assessore regionale all’integrazione Monica Cerutti, che al momento sta studiando un sistema per implementare al più presto il buon cuore dei piemontesi nella locale rete d’accoglienza.  “Gran parte delle candidature - spiega Cerutti - sono state raccolte dalle parrocchie sul territorio torinese. È con loro, tramite la Pastorale migranti, che ci stiamo coordinando per attivare al più presto una rete che lavori con queste famiglie”. 

Proprio la Pastorale migranti, inoltre, avrebbe appena finito di stilare un elenco delle parrocchie che hanno aderito all’appello lanciato dall’Arcivescovo Cesare Nosiglia, che qualche mese fa, durante l’ostensione della Sindone, aveva invitato le strutture religiose a farsi carico dei rifugiati.  Il documento, che ne conta ben cinquanta, dovrebbe essere consegnato alla Prefettura di Torino, in linea con quanto la Conferenza episcopale sta facendo nel resto d’Italia.  Per quanto riguarda le famiglie, invece, la regione si sta impegnando a definire un sistema “che renda uniforme il trattamento dei profughi su tutto il territorio - spiega Cerutti - dal momento che i criteri e le modalità variano di provincia in provincia”.  Parte dei nuovi posti potrebbe essere utilizzata per ovviare al problema dei cosiddetti arrivi “via terra”,  che negli ultimi mesi si sta facendo più pressante, dal momento che i posti Sprar sono riservati esclusivamente a quanti arrivano dal Mediterraneo. “L’unico problema - spiega Cerutti - è che i profughi che percorrono la rotta balcanica non transitano nei nostri centri di accoglienza; e andrebbero quindi studiate delle forme di mediazione con le istituzioni, necessarie prima di inserire qualcuno in una famiglia”.

Nel frattempo, oltre a un nuovo progetto d’inserimento lavorativo, la Regione ha allo studio anche un protocollo per la tempestiva individuazione delle potenziali vittime di tratta: “si tratta - continua Cerutti - di individuare dei criteri che ci permettano di intercettare, prima delle organizzazioni malavitose, quei migranti che rischiano di finire nelle loro maglie”. “Di frequente - conclude - capita che alcune donne arrivino in Italia avendo già in tasca il numero di telefono di quelli che saranno i loro sfruttatori: noi vogliamo formare il personale dei Centri d’accoglienza per scongiurare in tempo simili eventualità”. (ams)

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