In questa domenica, terminando l’anno liturgico, un altro tema importante viene posto all’attenzione di quanti partecipano alla Messa.
Il tema è quello del giudizio. Una riflessione che la cultura moderna stenta a comprendere e ad interiorizzare. Abituati da sempre ad essere giudici di se stessi, con condanne e perdoni personali, è soggettivamente difficile accogliere un giudizio che, in un’ultima analisi, riguarda il bene dell’umanità, sia personalmente che collettivamente.
Le parole del profeta Malachia sono taglienti: i superbi e coloro che commettono ingiustizia sono come paglia che brucerà. Una maledizione che sembra addirittura cinica, perché non lascia nessun spazio ai ripensamenti e alla misericordia.
In contesto un po’ diverso, ma non per questo meno drammatico, il brano del Vangelo di Luca tratta ugualmente il tema del giudizio finale. Gli esegeti sono incerti se le parole attribuite a Cristo riguardano il giudizio finale o invece le vicissitudini che i primi cristiani hanno dovuto affrontare subito dopo la morte di Cristo.
1. Coloro che commettono ingiustizia saranno come paglia
L’immagine del profeta per esprimere il giudizio è quella del fuoco. Il tempo del giudizio è come forno: distruttore, purificatore, definitivo.
Tutti coloro che commettono ingiustizia saranno come paglia, dichiara il profeta. Il testo offre anche la spiegazione delle parole. Coloro che non sono stati giusti in vita non avranno né passato, né futuro.
L’espressione usata è particolarmente calzante: non avranno radice (il passato), né germoglio (futuro), così da interrompere ogni continuità nel tempo e, in ultima analisi, sono senza storia.
Il concetto biblico di giustizia è complesso. Oscilla tra il rispetto delle regole, l’amministrazione della giustizia da parte dei governanti, la fedeltà alla legge per arrivare all’orizzonte largo della giustizia intesa come sapienza e bontà. La giustizia diventa sapienza che insegna la temperanza, la prudenza e la forza della perseveranza (Sap. 8,7).
Per i semiti la giustizia non è un atteggiamento passivo di imparzialità. È un impegno appassionato che può riguardare il giudice che è attento a difendere i diritti dei più deboli e degli oppressi. Il giusto è un uomo buono e caritatevole.
Non a caso la nazione di Israele ha inventato “il libro dei giusti”. Dopo la seconda guerra mondiale, il termine Giusti tra le nazioni è stato utilizzato per indicare i non-ebrei che hanno agito in modo eroico a rischio della propria vita per salvare la vita anche di un solo ebreo dal genocidio nazista conosciuto come Shoah, a conferma che la giustizia non era soltanto amministrazione del dovuto, ma qualcosa di più, per la difesa dei perseguitati.
L’atteggiamento di Gesù continua sulla falsariga dei profeti. Per questo rimprovera chi si limita all’osservanza esteriore della legge, ma come adesione interiore all’azione dello spirito.
La vera osservanza della legge si esplicita con l’adesione alla volontà di Dio.
A questa adesione interiore corrisponde la “ricompensa”, il giusto giudizio per una vita vissuta nel nome di Dio.
Il salmo 97 può recitare, riferendosi a Dio:
“Giudicherà il mondo con giustizia
e i popoli con rettitudine.”
2. Con la perseveranza salverete la vostra vita
Il brano di Luca, scritto dopo la morte del Signore, risente già delle difficoltà e delle
persecuzioni delle comunità cristiane nascenti.
Tale comunità erano “diverse” rispetto alle tradizioni giudaiche. Una nuova religione che segue un Maestro, Gesù, condannato a morte da parte del Sommo sacerdote e di tutto il Sinedrio: più novità e problematicità di questa!
Essere cristiani significava dunque mettersi in contrasto con le tradizioni degli antichi padri ed essere considerati bestemmiatori.
Si spiegano così le opposizioni: “Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome.”
Gli atti degli Apostoli, libro scritto dallo stesso Luca, testimonia l’oppositività del mondo ebraico. Un’avversione che non conosce confini: “Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome.”
E’ il prezzo da pagare per chi abbandona la vecchia religione per sceglierne una nuova.
Tale rifiuto viene paragonato, con linguaggio apocalittico, alle grandi sciagure: “Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.”
Ma l’intento del brano di Luca è di incoraggiamento: non abbiate paura, lascia detto il Maestro, senza preoccuparvi di che cosa dovete dire. “Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere.”
E’ il conforto offerto ai discepoli del Signore che dovranno mantenere forte la loro fede.
La regola d’oro rimane: “Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita”.
La stessa regola che hanno seguito i martiri nella fedeltà ai principi e ai valori in cui credevano. Non si tratta evidentemente solo di verità teoriche, ma di un comportamento di vita che non tradisce le convinzioni.
Anche senza martirio, molte persone rimangono coerenti con il vissuto di fede. Quando la fede è intensa è anche naturale non tradirla, perché fa parte della propria vita. Non si può tradire se stessi.
Molte persone, dalla forte esperienza di fede, incoraggiano con la loro testimonianza. Si sente spesso ripetere che non occorrono filosofi, teologi, artisti, ma che il mondo ha bisogno di “testimoni”: quanti, nell’eccezionalità e nella normalità dell’esistenza, hanno seguito il filo rosso della coerenza.
Il rimprovero frequente ed aspro che si sente ripetere da chi osserva i cristiani è quello appunto dell’incoerenza. Non sono sufficienti atteggiamenti, parole, preghiere ma le persone che osservano i discepoli del Signore desiderano – spesso esigono – una coerenza forte e impegnata, a dimostrazione che la fede ha coinvolto tutta la vita senza cedimenti e senza compromessi.