"L'uomo non divida quello che Dio ha congiunto"
1. I due saranno un’unica carne
Il Libro della Genesi, nei primi capitoli, vuole spiegare le origini della vita. Per questo attribuisce a Dio, con il ritmo della settimana, la creazione. Tra i fenomeni fondamentali della convivenza umana non poteva trascurare la famiglia, dalla quale dipendeva, nella continuazione della procreazione, il futuro della razza e dell’umanità. Con stile da parabola, il racconto, con l’immagine della costola, accentua l’unità dei coniugi. E se per motivi di procreazione la legge ebraica permetteva – come ricorda il Vangelo poco prima – il divorzio, nei testi evangelici il divorzio è condannato. Il brano della Genesi risente dello schema maschilista della cultura arcaica. Il soggetto principale rimane l’uomo, al quale sarà aggregata la donna. Ma pur in questo schema, è importante notare che tutto il brano tende all’unità e quindi alla parità tra i due sessi. Da qui un duplice insegnamento: il primo riguarda l’unicità della creatura umana, sia essa uomo o donna. Le discriminazioni non hanno origine biblica, ma sono frutto delle culture, purtroppo ancora vigenti nei nostri giorni. Ne risentirà lo stesso San Paolo che sembra seguire il clima del costume giudaico. Il secondo insegnamento riguarda la “naturalità” del matrimonio. Un istituto che non è sovrastruttura culturale, ma è connaturale agli esseri umani, nel processo di crescita degli individui, della loro attrattiva sessuale che tende alla stabilità tra sposi e alla creazione. Il cristianesimo accoglie questa istanza: infatti, se due coniugi pagani si convertono al cristianesimo, la Chiesa non ha mai chiesto la ripetizione del rito delle nozze, perché ha sempre ritenuto che il vincolo che crea la famiglia ha un’origine precedente alla stessa fede. La conclusione del brano non lascia dubbi: “Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un'unica carne”. La riflessione teologica, lungo i secoli, ha parlato, a proposito di matrimonio, di teologia della creazione, deducendo – per quel che riguarda i nostri tempi – che il matrimonio civile non equivale al nulla, ma è un patto che ha il suo valore di fronte a Dio, anche se deve essere perfezionato con il sacramento. Il Salmo 127 è un inno alla famiglia, riguardante sia i coniugi che la prole. “La tua sposa come vite feconda nell'intimità della tua casa; / i tuoi figli come virgulti d'ulivo intorno alla tua mensa. Possa tu vedere il bene di Gerusalemme tutti i giorni della tua vita! / Possa tu vedere i figli dei tuoi figli! Pace su Israele! “.
2. Dunque l'uomo non divida quello che Dio ha congiunto
Il brano del Vangelo pone in termini espliciti il problema del ripudio, concesso dalla legge ebraica all’uomo e non alla donna, da cui, a cascata, quello del divorzio. Ai tempi di Gesù il divorzio era ampiamente praticato: Giovanni Battista rimprovera Erode, per aver sposato una divorziata: “Non ti è lecito tenere con te la moglie di tuo fratello”. (Mc 6, 18) I farisei mettono in difficoltà Gesù su questa questione e Gesù risponde: “Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall'inizio della creazione (Dio) li fece maschio e femmina; per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l'uomo non divida quello che Dio ha congiunto. A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: “Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio”. Da questa risposta e per altri brani paralleli dei Vangeli la Chiesa non ha mai ammesso il divorzio. Un problema oggi molto sentito, per le separazioni numerose anche tra cristiani. Si rimprovera alla Chiesa un’eccessiva rigidità, ma non si può chiedere ad essa di tradire le indicazioni evangeliche. Celebrare le nozze cristiane non è un semplice patto civile: è qualcosa di più impegnativo. Non si cita mai il brano che segue a quello della condanna del divorzio, pure contiguo. Il Vangelo di Marco, dopo le parole di Gesù sul matrimonio prosegue. “Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. Gesù, al vedere questo, s'indignò e disse loro: “Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso”. E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro”. L’evangelista, dopo aver garantito, con le parole di Gesù la dignità della donna, parte debole della famiglia, passa ad un’altra fascia fragile che sono i fanciulli. Anch’essi fanno parte del regno, anzi sono l’immagine dell’innocenza e della sincerità. Celebrare le nozze cristiane significa accogliere il progetto di Dio sulla famiglia, che chiede affetto, apertura, coerenza e soprattutto apertura alla prole e stabilità.
Non accogliendo queste proprietà, il matrimonio diventa un patto tra persone che si sentono legate tra loro a condizione che permangano le circostanze che hanno permesso il legame. Per il cristiano non è possibile promettersi fedeltà per sempre, con la sospensiva di una recessione dal legame, qualora cambino le condizioni del matrimonio. Le nozze cristiane diventano una scelta evangelica vera e propria, che ha la base su sentimenti, affetti e promesse, ma i cui fondamenti sono nella legge di Dio che si accoglie per sempre. Senza questa consapevolezza difficile parlare di matrimonio cristiano.
7 Ottobre 2012
XXVII Domenica tempo ordinario – Anno B
(1ª Lettura: Gen 2, 18-24 - 2ª Lettura: Eb 2, 9-11 - Vangelo: Mc 10, 2-16)