Nella seconda domenica di Quaresima, la liturgia mette l’attenzione su tutta la vicenda del cristinaesimo. Con il brano della Genesi che chiede ad Abramo, il capostipite del popolo ebraico, un atto di fiducia totale in Dio, per aggiungere il brano de...
Stefano Dal Pozzolo
don Vinicio Albanesi. Foto di Stefano Dal Pozzolo
Nella seconda domenica di Quaresima, la liturgia mette l’attenzione su tutta la vicenda del cristinaesimo. Con il brano della Genesi che chiede ad Abramo, il capostipite del popolo ebraico, un atto di fiducia totale in Dio, per aggiungere il brano della Lettera ai Romani nel quale si ricordano i motivi della venuta del Signore, fino all’episodio della trasfigurazione, al cui centro si evidenziano le parole “ascoltatelo”, dettate dal cielo e riferite a Gesù.
Modi bruschi ed efficaci per chiedere fede: forte, incondizionata, fedele nel tempo.
D’altronde il periodo della Quaresima è orientato alla proposta del grande dramma cirstiano: la morte e la risurrezione del Signore.
Prove di affidamento della propria religiosità a Dio chi offre protezione e sicurezza.
1. Ora so che tu temi Dio
L’episodio del sacrificio di Isacco, molto celebre della Bibbia, è stata interpretato in vario modo. La lettura prevalente è quella di legare la fede in Abramo all’obbedienza a Dio. Qualche commentatore vi legge la critica ai sacrifici umani che alcune tribù compivano in onore delle divinità. Infine si fa notare che, al termine del racconto, da Isacco hanno origine le dodici tribù di Israele.
Nell’episodio, Dio è il principale attore dell’azione: chiede il sacrificio, lo impedisce, procura il capretto: insomma è colui il quale chiede attenzione e obbedienza.
Abramo, a sua volta, risponde “eccomi” e, nella prova durissima della sua vita, (Isacco è il figlio unico) ubbidisce, fidandosi di lui.
Il racconto è da collocare nei costumi “primitivi” di tribù nomadi del medio oriente, con riti e abitudini lontanissimi dalla sensibilità moderna.
Nessuno oggi accetterebbe la prova del sacrificio di un figlio: non sarebbe concepibile, prima di essere accettata.
Uno spiraglio di comprensione è suggerito dalla preghiera del Salmo 115, soprattutto quando dichiara “ho creduto anche quando dicevo “sono troppo infelice”.
Ho creduto anche quando dicevo:
“Sono troppo infelice”.
Agli occhi del Signore è preziosa
la morte dei suoi fedeli.
Ti prego, Signore, perché sono tuo servo;
io sono tuo servo, figlio della tua schiava:
tu hai spezzato le mie catene.
A te offrirò un sacrificio di ringraziamento
e invocherò il nome del Signore.
Adempirò i miei voti al Signore
davanti a tutto il suo popolo,
negli atri della casa del Signore,
in mezzo a te, Gerusalemme”.
Una preghiera piena di fiducia e anche tenera, perché esprime l’affidamento a Dio nei momenti difficili della vita.
Infatti nel dolore si rischia di imprecare Dio, invece che invocarlo. Ogni difficoltà che porta sofferenza si vorrebbe lontana, da cui la domanda: perché Dio non interviene? Accettare la prova significa avere una fede molto forte.
2. E’ bello per noi essere qui
L’episodio della Trasfigurazione, hanno notato gli esegeti, si colloca tra i due racconti della passione che Gesù ha indicato ai suoi discepoli.
Essi debbono capire che la via del Signore è verso la croce. Non è fine a se stessa, ma va verso la Gloria.
E’ il messaggio centrale dell’episodio: Gesù, dopo la morte, sarà glorificato. E’ il nuovo Messia: per questo vengono evocati Mosè ed Elia. Gesù è in continuità con la rivelazione ebraica, ma, a differenza degli altri profeti, egli trionferà sulla morte, perchè appartiene a Dio.
L’invito è ad ascoltarlo. Con un pronunciamento deciso e sicuro. Seguendo il Signore anche i discepoli avranno la sicurezza di essere in linea con i messaggi di Dio. Non debbono temere nemmeno la prova della morte, perchè la morte sarà sconfitta. Questa linea seguiranno, nella storia, tutti i discepoli del Signore. Si fideranno della promessa fatta. Nella loro vita sperimenteranno momenti di “visione di gioia”, prefigurando ciò che li attende. Sono solo momenti, perchè, all’improvviso tutto scompare.
Come se Dio permettesse – anche sulla terra – di conoscere ciò che avverrà nei cieli.
E’ una consolazione, ma anche una certezza, che, pur essendo polvere, non scompariremo nel nulla.
Da Dio siamo nati a lui ritorneremo: è la verità che l’evangelista Marco ha voluto raccontarci, anche se l’evangelista è attento a dire che “rimarremo confusi”, trattandosi di realtà future, al di fuori della nostra esperienza.
1° Marzo 2015 – Anno B
II QUARESIMA
(1ª lettura: Gn 22,1-2.9a.10-13.15-18 - 2ª lettura: Rm 8,31b-34 – Vangelo: Mc 9,2-10)