18 settembre 2014 ore: 15:14
Società

I miei pensieri non sono i vostri pensieri

E’ commovente il brano del profeta di Isaia. Si tratta di un’invocazione perché le persone abbiano saggezza. Dio si fa trovare da chi ha l’atteggiamento interiore adeguato. Ritorna ancora una volta il tratto caratteristico di Dio misericordioso. Ha u...
E’ commovente il brano del profeta di Isaia. Si tratta di un’invocazione perché le persone abbiano saggezza. Dio si fa trovare da chi ha l’atteggiamento interiore adeguato. Ritorna ancora una volta il tratto caratteristico di Dio misericordioso. Ha un atteggiamento diverso dagli uomini. 
E’ disponibile per tutti, anche per chi ha sbagliato. Gioisce per chi era perduto ed è stato ritrovato. E’ felice della virtuosità delle sue creature. San Paolo, nell’inno della carità della prima lettera ai Corinti, racconterà che cosa è la carità di Dio.
Il Salmo 144, con sue parole, canta la misericordia di Dio: usa un linguaggio raro in ambito religioso; appella alla tenerezza, sentimento che richiama la genitorialità di Dio.
San Paolo, in un passaggio drammatico, non sa se scegliere la morte per ricongiungersi a Dio oppure continuare a vivere per il bene della comunità.
La parabola di Matteo sembra angosciosa, perché nello scegliere le persone Dio appare come ingiusto. Infatti paga allo stesso modo chi ha iniziato a lavorare al mattino e chi all’ultima ora.
La parabola invece appella al giudizio che solo Dio può dare, considerando tutte le circostanze che ogni persona vive. Le apparenze non possono decidere la vera giustizia.
 
1. I miei pensieri non sono i vostri pensieri
 
L’inizio del brano è delicato: 
“Cercate il Signore, mentre si fa trovare,
invocatelo, mentre è vicino.” 
Con queste parole la distanza tra Dio e le sue creature si è azzerata. Il dialogo con Dio è possibile. Nessuna paura. Il problema vero è la ricerca di Dio; non in termini emotivi, ma in termini di vita:
“L’empio abbandoni la sua via
e l’uomo iniquo i suoi pensieri;
ritorni al Signore che avrà misericordia di lui
e al nostro Dio che largamente perdona.”
Sono posti da subito i termini autentici del rapporto con Dio: la sostanza della vita che è vicina o lontana dalle indicazioni del Signore.
Non soltanto in termini morali, ma come accettazione della visione dello spirito: 
“Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri,
le vostre vie non sono le mie vie. Oracolo del Signore.
Quanto il cielo sovrasta la terra,
tanto le mie vie sovrastano le vostre vie,
i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri.”
Quei “pensieri” di cui parla il profeta sono lo stile di vita che ciascuno liberamente sceglie. Solo con il mondo spirituale di Dio è possibile essere a lui vicino, dopo averlo cercato e averlo conosciuto.
La condotta morale viene dopo, non prima di aver accettato la concezione della storia e del mondo che Dio suggerisce.
Il salmo, nel linguaggio poetico, è esplicito:
“Ti voglio benedire ogni giorno,
lodare il tuo nome in eterno e per sempre.
Grande è il Signore e degno di ogni lode;
senza fine è la sua grandezza. 
 
Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Buono è il Signore verso tutti,
la sua tenerezza si espande su tutte le creature. 
 
Giusto è il Signore in tutte le sue vie
e buono in tutte le sue opere.
Il Signore è vicino a chiunque lo invoca, 
a quanti lo invocano con sincerità.”
 
2.  Amico, io non ti faccio torto
 
La parabola del vignaiolo che cerca operai, nella concretezza di una vicenda molto comune nella Palestina di Gesù, desta meraviglia e anche un istintivo rancore. Chi ha più lavorato ha diritto a un maggiore salario è una conclusione ovvia.
Nella visione di Dio, suggerita dalle parole del profeta Isaia, la prospettiva può cambiare: “I miei pensieri non sono i vostri pensieri” significa che Dio, che legge nel cuore delle persone, ha criteri di giudizio differenti dalle apparenze.
Nella stessa esperienza umana si verificano situazioni nelle quali la vita di qualcuno è più onesta, più istruita, più tranquilla. Nessuno però è in grado di capire il perché di tali positività. Come non sempre è facile giudicare chi agisce male e si comporta con disonestà.
Dio è il termine ultimo che offre giustizia perché conosce i dettagli dell’esistenza di ognuno. Questa certezza spinge a non giudicare d’istinto: sia nel bene che nel male possibili.
Qualcuno potrebbe obiettare che, in tali circostanze, il destino di ognuno può essere segnato da una specie di predestinazione.
La conclusione del mondo cattolico – a differenza di quello luterano – conclude che si può avere, pur nelle proprie condizioni di limite, un margine di libertà.
E di tale libertà che ci verrà chiesta ragione.
Non soltanto in termini negativi, ma anche positivi. La parabola del vignaiolo richiama esplicitamente quella dei talenti (Mt 25, 14 e ss.).
Nella parabola dei talenti il clima è quello del giudizio finale e quindi orientato alle responsabilità dei singoli; nella parabola degli operai della vigna la prospettiva è quella di Dio.
Le due parabole possono essere messe in comunicazione: il Signore affida ad ognuno un’esistenza con possibilità di libera scelta. Egli giudicherà, tenendo conto di tutte le circostanze. 
Da parte sua è disposto ad accogliere chiunque lo abbia invocato. 

21 Settembre 2014 – Anno A
XXV Domenica Tempo ordinario
(1ª lettura: Is 55, 6-9 - 2ª lettura: Fil 1,20c-24.27a  – Vangelo: Mt 20, 1-16)
 
 
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