15 settembre 2022 ore: 17:26
Società

Il comportamento concreto per chi sceglie la via del cielo

di Vinicio Albanesi
La liturgia di oggi, dopo le parabole della pecora smarrita, della monetina ritrovata e del figliol prologo, riporta un’altra parabola, più articolata, ma ugualmente comprensibile alle folle che ascoltavano Gesù

Venderemo anche lo scarto del grano

Le parole del profeta Amos, riportate nella prima lettura, sono dirette. Parlano dell’ingiustizia che l’ingordigia umana procura:

«Quando sarà passato il novilunio
e si potrà vendere il grano?
E il sabato, perché si possa smerciare il frumento,
diminuendo l’efa e aumentando il siclo
e usando bilance false,
per comprare con denaro gli indigenti
e il povero per un paio di sandali?
Venderemo anche lo scarto del grano».

Il periodo in cui parla il profeta è caratterizzato da siccità e invasione delle cavallette: c’è chi approfitta delle difficoltà per ingannare i più poveri e bisognosi, truccando nelle misure e nel peso, costringendo i poveri a interessi elevati per sdebitarsi.
Il pensiero all’oggi è evidente: esiste l’evoluzione della convivenza, con aiuti e solidarietà. Nell’antichità ciò non avveniva e le povertà erano disastrate a tal punto da ridurre alla fame e alla disperazione.
Il profeta, con voce solitaria e spesso perseguitata, invoca giustizia e, non avendo indicazioni pratiche, si rivolge a Dio perché procuri giustizia.

In questo contesto, anche la seconda lettura si riferisce alla buona gestione della cosa pubblica: «Figlio mio, raccomando, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo condurre una vita calma e tranquilla, dignitosa e dedicata a Dio. Questa è cosa bella e gradita al cospetto di Dio, nostro salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità».

La lezione è evidente: nel mondo si ripetono i meccanismi di disparità e di ingiustizia, anche se cambiano i contesti e le dimensioni. Un’ondata, frutto di paura e di furbizia, investe intere nazioni. I popoli si chiudono in se stessi, occupandosi del propri interessi: per farlo sono costretti anche a ingannare.
Probabilmente il desiderio di benessere chiude le porte a equilibri e a fratellanze; chiunque si arrangia per non perdere occasioni e risorse: nei confronti di altri paesi, ma anche all’interno della stessa nazione. Le disparità diventano macroscopiche con la conseguenza che nessuno, individualmente, può correggere le tendenze.
Se, nel recente passato, si è attivata la capacità di ricostruzione del paese e una maggiore giustizia, l’oggi offre una scena nella quale il sogno è senza limite: non per l’armonia, ma per il possesso.
Un lunghissimo percorso che non ha mai fine: si può possedere sempre di più, senza limiti. Chi rimane incapace in questo meccanismo, è destinato all’oblio e all’abbandono.
Una fase delicatissima della nostra epoca perché il rischio è che si stabilizzino tre grandi gruppi: un piccolo primo gruppo di potenti; un secondo gruppo che aspira a diventare tale e infine l’ultimo gruppo, chiamato beffardamente "non capienti".
Se la suddivisone si stabilizzasse in questo modo l’intero equilibrio sociale e culturale procurerebbe strutturalmente un paese ingiusto e destinato al benessere solo di pochi.

L’amministratore infedele

La parabola dell’amministratore infedele sembra, ad una prima lettura, lodare l’ingegnosità dell’amministratore di fronte alle proprie responsabilità. E' invece il parallelo tra chi agisce con inganno e chi agisce con onestà: «figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce».

La prospettiva della parabola si dimostra chiara nella finale: «Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».
L’impostazione dell’evangelista Luca rimane sempre uguale: c’è un mondo che è rivolto alla terra, con tutti i suoi limiti e un mondo che guarda oltre, per seguire la strada di Dio.
Le parabole della misericordia hanno voluto descrivere l’agire di Dio Padre, la parabola odierna indica il comportamento concreto per chi sceglie la via del cielo.
Il Vangelo di Luca ha iniziato preoccupandosi della nascita del Signore, introducendo addirittura quattro cantici che indicano il senso della venuta del Signore e il significato della sua predicazione: il canto di Maria all’annuncio dell’angelo (Magnificat), il canto di Zaccaria (Benedictus) padre di Giovanni il Battista, il gloria degli angeli alla nascita di Gesù (Gloria) e infine il cantico di Simeone quando riceve il bambino Gesù nel Tempio di Gerusalemme (Ora lascia che).

Il clima delle parole di tutto il Vangelo indicano un livello superiore che è quello del "regno dei cieli". Sicuramente una prospettiva di fede e non di vita quotidiana, ma che passa attraverso la vita delle persone.
Non si può ridurre il Vangelo a un trattato di morale: è la prospettiva invece di una vita vissuta secondo lo spirito di Dio.
Aver ridotto tutto a imperativi e obblighi è un errore grave: si offre invece una prospettiva che è ultraterrena, ma che si prepara già nella vita.
L’esclamazione del salmo «Su tutte le genti eccelso è il Signore, più alta dei cieli è la sua gloria» non è esagerata, ma confacente alle attese dell’anima.


18 Settembre 2022 Anno C
XXV Domenica tempo ordinario
(1ª lett. Am 8,4-7 - 2ª lett. 1 Tm 2,1-8  – Vangelo: Lc 16,1-13

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