La società moderna e il rischio del totale abbandono della dimensione interiore
I piaceri
E’ una vera e propria tentazione che, nel tempo, con diversi modi, si ripete nel mondo. Forse l’attenzione va posta sulla spinta al consumo dei piaceri.
In realtà sono piaceri fisici, mangiare, bere, divertirsi. La società moderna ha introdotto una diversa variante: offrire piaceri è diventata parte dello sviluppo e dell’occupazione di molti lavoratori.
Basti pensare al mondo delle vacanze, alla ristorazione, all’industria dei dolci, ai cibi cotti, al trasporto di ogni benessere portato a casa.
Parlare di essenzialità, moderazione, risparmio è molto difficile. Il piacere fa parte dell’industria e quindi della ricchezza di un paese.
Migliorare gli ambienti, la cura del corpo, l’alimentazione, la pulizia, la lotta al freddo e al caldo rappresentano un beneficio. Il problema vero è la misura.
Entro certi limiti si potrebbe parlare di ritornare all’equilibrio. La crisi odierna (inflazione, costo dell’elettricità e del gas, la disoccupazione…) sta ponendo problemi veri.
Il benessere è diventato costoso; la spinta ai piaceri in qualche modo fa parte dell’equilibrio raggiunto: abbassarlo è difficile, perché il livello di vita è alto.
C’è un motivo più profondo: il rapporto esistente tra il corpo e l’anima; tra la carne e lo spirito, direbbe la parola della Bibbia.
Infatti sono due gli effetti del nuovo benessere: le disparità e il variare della concezione della vita.
Le disparità, sempre esistite, nell’epoca di crisi aumentano: le difficoltà economiche hanno effetti diversi tra chi sta bene e chi è già in povertà. I numeri indicano che le famiglie in povertà assoluta aumentano nella crisi.
La concezione della vita, troppo schiacciata sulla corporeità, mette in ombra la dimensione spirituale dell’esistenza: il rischio è il totale abbandono della dimensione interiore. Una dimensione che non scompare perché la vita stessa dimostra che lo stesso corpo, pure curato e protetto, ha un percorso che porta verso l’invecchiamento e la morte. Eventi finali che non sono eludibili. L’affannarsi porta a un rallentamento, ma non alla scomparsa del destino. Anzi, la corporeità, se non trattata con equilibrio accelera il degrado e la fine.
I tormenti
La parabola del Vangelo sposta l’attenzione sulle relazioni tra le persone. Il vivere del ricco epulone (senza nome) e il povero Lazzaro è messo in diretto confronto. La novità è nel giudizio dei comportamenti.
La scena è trasportata nell’aldilà, in presenza di Abramo, il capostipite del popolo ebreo. La scena è apocalittica: «Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui». La lezione è tratta: inutili pentimenti posteriori: chi non si è curato degli altri, dimenticando chi era in difficoltà è da condannare.
In termini positivi è descritta l’azione di Dio, con le parole del salmo:
«Il Signore rimane fedele per sempre
rende giustizia agli oppressi,
dà il pane agli affamati.
Il Signore libera i prigionieri.
Il Signore ridona la vista ai ciechi,
il Signore rialza chi è caduto,
il Signore ama i giusti,
il Signore protegge i forestieri.
Egli sostiene l’orfano e la vedova,
ma sconvolge le vie dei malvagi.
Il Signore regna per sempre,
il tuo Dio, o Sion, di generazione in generazione».
Nei Vangeli risuona la scena finale del Vangelo di Matteo che utilizza lo stesso tenore del salmo: «Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria… Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi».
La visione ebraico-cristiana fa fare un salto di qualità alle relazioni tra le persone. La distanza dalle culture mesopotamiche, persiane prima e quelle greco-romane è immensa.
I rapporti nel mondo pagano erano regolati da forza e arroganza, derivanti da eredità, da gloria e da potere. La nuova concezione delle relazioni umane ha costituito per molti una "minaccia" e per questo ha sottoposto a ostilità e a persecuzioni le prime comunità cristiane.
La visione era troppo diversa dallo stile che distingueva chi contava e chi, al massimo, doveva badare alla pura sopravvivenza, senza voce e senza diritti.
San Paolo rivolgendosi a Tito gli scrive: «Tu, uomo di Dio, evita queste cose; tendi invece alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza. Combatti la buona battaglia della fede, cerca di raggiungere la vita eterna alla quale sei stato chiamato e per la quale hai fatto la tua bella professione di fede davanti a molti testimoni».
E’ l’invito che vale anche oggi, anche se la secolarizzazione non permette nemmeno di conoscere l’appello cristiano. E' in grado però di conoscere i propri limiti, desiderando qualcosa e qualcuno che "non finisce mai".
25 Settembre 2022 Anno C
XXVI Domenica tempo ordinario
(1ª lett. Am 6,1a.4-7 - 2ª lett. 1 Tm 6,11-16 – Vangelo: Lc 16,1-13