Disabili volontari consegnano i pacchi cibo ai poveri. Che gradiscono
ROMA - Ricevere un pacco dal Banco alimentare, pieno di alimenti primari perché non si riesce a pagarsi neanche il minimo per sopravvivere, viene vissuto da molte persone come un’onta, qualcosa di cui vergognarsi, tanto da non aprire nemmeno la porta ai volontari, facendosi lasciare la scatola sullo zerbino. Ma a Milano la situazione è cambiata quando i pacchi hanno iniziato a consegnarli i ragazzi e le ragazze del centro diurno disabili “Cardinal Colombo”, che ospita trenta persone con una disabilità medio-grave. I ragazzi infatti non solo consegnano i pacchi del Banco alimentare, ma allo stesso tempo sono riusciti a rompere il muro di vergogna e solitudine eretto da chi li riceve.
- Così Federico, un ragazzo di 21 anni, è riuscito a fare breccia nella solitudine di Rosa, che fino ad allora non aveva mai aperto ai volontari, men che meno parlato con loro. Il desiderio di Federico di aiutare gli altri è nato quando la sua vicina di casa, una signora anziana, è rimasta sola; la sentiva piangere e lamentarsi della sua solitudine, ed ha così deciso di offrirle la sua compagnia. “Ho capito che c’era qualcosa che non andava – racconta Federico in un articolo pubblicato da Scarp de’tenis – la mia vicina di casa soffriva e aveva paura perché era sola. Io e mio padre abbiamo iniziato a farle compagnia. Da questa esperienza ho capito quanto è bello aiutare gli altri”.
“In questo centro ci sono 30 persone disabili, molti fanno stage in fonderia, in aziende di assemblaggio, in tipografia ad imbustare, a scuola come bidelli – racconta Jonathan Ziella, educatore – ma quelli che non hanno abilità manuali o motorie che cosa fanno? Ci siamo resi conto che anche loro hanno un talento: quello di parlare, stare insieme, ascoltare. Così, una volta al mese li portiamo a fare il giro delle famiglie a cui loro stessi consegnano il pacco alimentare, ed è impressionante vedere le signore anziane che prima non aprivano neanche la porta aspettarli, accoglierli tutti insieme nelle loro case minuscole e modeste, fare il caffè offrire la coca-cola, raccontare le loro vicende personali, pregare insieme”.
Ognuno ha un talento: c’è chi sa far ridere, chi canta e chi riesce a fare sempre il complimento giusto, e le famiglie e le persone che ricevono l’aiuto del Banco alimentare ora li aspettano con impazienza. E questa è la miglior dimostrazione di come una persona con disabilità non sia affatto qualcuno di cui prendersi carico passivamente, ma una persona attiva capace, di decidere come spendersi e come essere d’aiuto.