"Via dalla Libia i rifugiati vulnerabili": l'appello dell'Unhcr
Foto: Unhcr
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ROMA - Portare via dalla Libia il prima possibile i rifugiati particolarmente vulnerabili: è l'appello lanciato dall'Agenzia Onu per i Rifugiati, che chiede che vengano messi a disposizione 1.300 posti entro la fine di marzo 2018, per il reinsediamento dei rifugiati altamente vulnerabili bloccati in Libia. Sono minori non accompagnati, donne sole con bambini, donne a rischio e persone con gravi patologie mediche così come vittime di tortura o di abusi durante il viaggio o nei centri di detenzione in Libia.
“Molti rifugiati, richiedenti asilo e apolidi in Libia - ha affermato Volker Türk, assistente dell’Alto Commissario per la Protezione dell’Unhcr - sono vittime di gravi violazioni dei diritti umani, compresi trattamenti crudeli inumani e degradanti”. L'Agenzia Onu sottolinea inoltre che un ampio numero di persone "viene trattenuto in detenzione in condizioni deplorevoli per periodi di tempo non determinati". L'Unhcr si oppone con fermezza alla detenzione ordinaria di rifugiati e altre persone costrette alla fuga e chiede alternative alla detenzione e sistemi di asilo equi.
“Visti gli impellenti bisogni umanitari ed il rapido deterioramento delle condizioni nei centri di detenzione in Libia", l’Unhcr fa sapere che sta "lavorando attivamente per organizzare per le settimane e i mesi a venire altre evacuazioni salvavita in Niger”. Il mese scorso un primo gruppo di 25 rifugiati di origine eritrea, etiope e sudanese è stato trasferito dalla Libia al Niger. L'Unhcr auspica che siano resi disponibili altri meccanismi di trasferimento di emergenza nell’attesa del loro reinsediamento in altri paesi.
“Alla luce della situazione umanitaria critica in cui versa la Libia e delle terribili condizioni nei centri di detenzione, l’Unhcr fa ancora una volta appello alla solidarietà della comunità internazionale” ha ricordato Türk. “Viste le gravi condizioni in cui si trovano i rifugiati in Libia, abbiamo bisogno di esplorare tutte le soluzioni possibili compreso il reinsediamento, il ricongiungimento famigliare e l’evacuazione verso strutture di emergenza dell’Unhcr presenti in altri paesi, oppure i ritorni volontari” ha aggiunto.