Beni confiscati, così la Lombardia crea posti di lavoro "sociali"
MILANO - Quando un bene confiscato viene riutilizzato per fini sociali non si tratta solo di una vittoria della legalità sul crimine. C'è di più. Infatti crea lavoro e genera risorse per l'intera comunità. È quanto emerge da una ricerca condotta da Libera Lombardia, Fondazione Cariplo e Gfk Eurisko sugli immobili confiscati nella regione. Attualmente sono 1059, di cui 645 a Milano e provincia. Lo studio si è concentrato su 120 strutture gestite da associazioni o enti del terzo settore. Ebbene, danno lavoro 204 persone, di cui 128 con contratti a tempo indeterminato. Coinvolgono inoltre 1.638 volontari e beneficiano dei servizi e delle iniziative che si svolgono in questi beni oltre 10mila persone. "L'utilizzo sociale dei beni confiscati consente di liberare 'nuovo welfare' -scrive Libera Lombardia-, di sostenere percorsi concreti di uscita dalla marginalità e dall’esclusione sociale ed in alcuni casi persino di creare veri e propri posti di lavoro. Sono quindi uno strumento concreto contro la crisi che attraversa il nostro Paese".
Per ridare vita a un bene confiscato occorrono, però, risorse, in particolare per i lavori di ristrutturazione. Queste spese sono state per lo più sostenute dalle realtà assegnatarie del bene (65% dei casi). In alcune situazioni, pur se sporadiche, anche i comuni ci hanno messo qualcosa, ma comunque l'80% dei fondi necessari sono stati reperiti tramite campagne di raccolta tra i cittadini. Il 47% delle realtà che ha un bene confiscato ha speso per ristrutturare fino a 50mila euro, il 12% oltre 100 mila euro e il 4% da 50mila a 100 mila (per il 37% il dato non è disponibile). (dp)