Servizio civile: 48 giovani impegnati da oggi negli Uepe
ROMA - Età media 25 anni, provengono in maggioranza dal sud Italia, sono in possesso di una laurea in Scienze del Servizio sociale o Psicologia, ma ci sono anche ragazzi laureati in Giurisprudenza, laureandi o con un semplice diploma di maturità. Percorsi diversi, con un obiettivo comune: tutti hanno scelto di confrontarsi con un settore complesso e delicato che per la prima volta, quest’anno, ha aperto le porte al servizio civile.
Sono i 48 giovani volontari che da questa mattina prestano servizio all’interno degli uffici per l’esecuzione penale esterna, gli Uepe: articolazioni territoriali del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità (Dgmc) che si occupano del trattamento socio-educativo delle persone che scontano la pena fuori dal carcere (45.354 unità, al 30 settembre 2017, contro i 57.661 detenuti presenti negli istituti nello stesso periodo – dati: Dgmc e Dap).
I 48 volontari sono divisi in gruppi di 4 unità per ogni sede, negli 11 uffici Interdistrettuali d’Italia e presso la sede centrale. Il bando al quale hanno partecipato si chiama “INSIEME: per un nuovo modello di giustizia di comunità”, era aperto ai giovani tra i 18 e i 28 anni, ed ha il fine di offrire “un percorso di impegno e di formazione che permetta di diffondere il senso dello Stato; fornire una forte esperienza di servizio che dia spunti sulla scelta professionale e orienti i giovani ai valori della giustizia e del reinserimento sociale; permettere ai giovani in Servizio Civile di condividere i momenti più importanti della loro esperienza, attraverso la partecipazione a percorsi formativi anche residenziali, per favorire lo scambio, il confronto e la partecipazione”
Dodici mesi di servizio, per un totale di 1400 ore e un rimborso mensile di 433,80 euro, il progetto intende inoltre “promuovere, organizzare e partecipare in collaborazione con gli operatori penitenziari a momenti di incontro, sensibilizzazione, riflessione e diffusione delle tematiche legate all’esecuzione della pena, anche nell’ottica della promozione del Servizio Civile come strumento di diffusione della solidarietà e della cittadinanza attiva; acquisire abilità e competenze rispetto all’ambito socio-assistenziale e facilitare la comprensione della metodologia di lavoro nel settore sociale; offrire una straordinaria occasione di formazione per i volontari in questa fase di attuazione della riforma e riorganizzazione”.
Tra i livelli di intervento, ci sono il rafforzamento delle connessioni esistenti fra il mondo dell’esecuzione della pena e la società civile, il consolidamento della rete delle collaborazioni e la cura del processo di reinserimento della persona, superando le difficoltà che hanno determinato il reato. Le sedi interdistrettuali Uepe presso cui i ragazzi prestano servizio civile sono quelle di Torino, Milano, Venezia, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Bari, Catanzaro, Palermo e Cagliari.
Dagli indicatori di bisogno, su cui gli obiettivi specifici del progetto mirano a intervenire, risulta che “l’80 per cento delle persone che richiedono la messa alla prova non sa dove svolgere lavori di pubblica utilità, le convenzioni attivate offrono solo il 30 per cento dei posti necessari per lo svolgimento dei lavori di pubblica utilità, solo il 27 per cento delle indagini per la redazione del programma di trattamento si conclude in 3 mesi e il 51 per cento nel semestre” e che “il personale degli uepe è ridotto del 36 per cento rispetto all’organico, così come le risorse necessarie”.
“L’inserimento dei volontari in Servizio Civile – si legge nel bando - prevede un periodo propedeutico all’inserimento lavorativo di un mese, che in caso di necessità è prolungabile fino a un massimo di due mesi, per approfondire la conoscenza delle metodologie di intervento del servizio sociale e dell’organizzazione degli Uepe, approfondendo nel contempo la conoscenza della normativa. In questo periodo il volontario svolge la propria attività in stretto rapporto con i referenti del progetto e successivamente sarà inserito nell’equipe di zona. Il volontario collaborerà prevalentemente con l’Area di servizio sociale, con l’Istituto penitenziario e verrà inserito nelle equipe di zona per partecipare alla formulazione del programma individualizzato”.
Tra le funzioni dei giovani, la collaborazione per “migliorare le attività connesse con le indagini socio-familiari per l’accesso alla messa alla prova, migliorare gli interventi di supporto per l’esecuzione della messa alla prova, sviluppo ed evoluzione delle misure e sanzioni di comunità nel settore degli adulti”.
“La sfida del nostro ufficio – aveva sottolineato il dirigente generale per l’Esecuzione penale esterna del Dgmc, Lucia Castellano, presentando il progetto - è aumentare il numero di misure alternative e di sanzioni di comunità perché arrivino ad essere la prima risposta, lasciando al carcere un ruolo di secondo piano destinato ai casi più critici. I giovani che presteranno servizio civile nei nostri Uffici, avranno, tra l’altro, un importante ruolo di collegamento tra il volontariato vero e proprio e gli operatori. E, più che volontari, saranno persone che si preparano alla vita lavorativa”. (Teresa Valiani)