Carcere, in Friuli aumentano gli atti di autolesionismo e i tentati suicidi
TRIESTE - Aumentano gli atti di autolesionismo e i tentati suicidi nelle carceri del Friuli Venezia Giulia. Gli atti di autolesionismo sono passati dai 43 del 2015 ai 124 del 2016: sono questi gli ultimi dati disponibili resi noti nel corso dell'audizione in terza commissione del Consiglio regionale sull'assistenza sanitaria nei cinque istituti penitenziari della regione (Trieste, Udine, Gorizia, Pordenone e Tolmezzo). In aumento anche i tentati suicidi: sono stati 6 nel 2015 e 9 nel 2016. Riguardano prevalentemente la fascia d'eta' 21-24 anni e persone di nazionalita' straniera, nate in Asia e Africa. Dal 2010 al 2016 si sono verificati due casi di suicidio nel carcere di Udine (nel 2010 e nel 2012). Un solo caso nel carcere di Trieste nel 2013. La popolazione detenuta al 31 dicembre 2017 registrava 678 presenze complessive contro le 579 al 31 dicembre 2016. Gli ingressi nel 2017 sono stati 1.437 contro i 1.328 nel 2016.
Presente in audizione, assieme al direttore dell'azienda sanitaria 5 "Friuli Occidentale" Giuseppe Sclippa, il garante regionale per i diritti dei detenuti Pino Roveredo: "In Friuli Venezia Giulia c'e' una condizione di emergenza insostenibile" denuncia riferendosi al fatto che il direttore del carcere di Pordenone "debba dirigere anche Tolmezzo e Gorizia mentre a Trieste ne e' arrivato uno nuovo ma non ancora in fase definitiva".
Secondo lo scrittore triestino e' stata "un'ottima soluzione aver tolto a Gorizia la sezione omosessuali perche' creava grosso imbarazzo e vivibilita' non perfetta mentre a Pordenone c'e' la sezione protetti/incolumi dove i collaboratori di giustizia vengono messi assieme a chi ha commesso reati sessuali e questo provoca situazioni di scontro ma anche minacce di autolesionismo e di atti suicidari". Roveredo ha parlato anche del problema dei suicidi delle guardie penitenziarie e ha definito "esplosiva" la situazione di Udine per il verificarsi di conflitti fisici dovuti alla presenza di detenuti stranieri, afghani e pachistani.
Ammonta a 750mila euro per il triennio 2017-2019 l'impegno finanziario della Regione Friuli Venezia Giulia nell'ambito del progetto relativo alle misure alternative alla detenzione attraverso "azioni orientate al reinserimento della persona ristretta nel tessuto socio-economico regionale". Come? "Sostenendo progetti ed azioni finalizzate all'accoglienza del detenuto nel territorio di residenza- spiega Sclippa in audizione- e attraverso percorsi di inserimento socio-lavorativo in particolare per le persone prive di risorse economiche e familiari" ma anche "collaborando con gli enti locali e il terzo settore per individuare luoghi di domicilio per i detenuti che ne siano privi, al fine di permettere loro di avere accesso alle misure alternative".
Sul fronte dell'ospedalizzazione, nel 2016 ci sono stati 57 ricoveri di persone detenute che sono diventati 67 nel 2017 "coerentemente con la crescita della popolazione carceraria" sottolinea Sclippa mentre le giornate di degenza sono state 528 nel 2016 e 420 nel 2017.
Secondo il direttore sanitario: "Sono numeri piccoli ma pongono un problema di carattere organizzativo ovvero deve essere garantita l'immediata presa in carico dei problemi emergenti e urgenti, vanno seguiti i percorsi delle reti professionali e individuati posti letto di degenza ordinaria dedicati ai detenuti ed infine - conclude Sclippa - servono risposte strutturate perche' ci sono ancora aree grigie". (DIRE)