Immigrati tunisini in Italia: in pochi anni rimesse più che dimezzate
- ROMA – L’Italia è il secondo paese europeo per numero di immigrati tunisini dopo la Francia (122 mila contro 191 mila). Un flusso migratorio che non ha pari negli altri paesi dove, fatta eccezione per la Svizzera con quasi 7 mila immigrati e il Belgio con più di 4.500, sono pochi gli stati che superano le 1.000 presenze (Austria, Spagna, Romania e Svezia). E proprio a migliorare la situazione e la tutela dei tunisini in Italia e potenziare i percorsi di regolarità offerti dalla normativa vigente è dedicata la seconda fase del progetto Iprit (Immigrazione percorsi di regolarità in Italia), finanziato dal ministero dell’Interno italiano e realizzato dal Centro Studi e Ricerche Idos di Roma, in collaborazione con l’Associazione nazionale oltre le frontiere (Anolf) e la Fondazione Mondo Digitale, ma anche con le ambasciate in Italia del Marocco e della Tunisia.
Iniziati dopo l’indipendenza della Tunisia nel 1956, i primi flussi migratori verso l’Europa si sono rivolti specialmente verso la Francia. Il nostro paese è stato interessato solo verso la fine degli Sessanta, quando i primi arrivi sono stati quelli dei pescatori che si sono stabiliti a Mazara del Vallo, sede a partire dal 1981 della prima Scuola tunisina in Europa. Successivamente, la restrizione degli ingressi in Francia e nel Nord Europa ha favorito ulteriormente la rotta verso l’Italia, contando per l’accoglienza sulla disponibilità di parenti e amici. Nel 1990, all’inizio di una grande fase di crescita dell’immigrazione in Italia, i tunisini erano 42mila a fronte di un totale di circa mezzo milione di immigrati. Attualmentela presenza straniera è aumentata di 10 volte e quella tunisina triplicata (122mila presenze alla fine del 2013), soprattutto a seguito delle regolarizzazioni (6.574 domande di tunisini nel 2009 e 4.557 nel 2012), delle quote privilegiate (30mila persone tra 2000 e 2011, ultimo anno in cui sono state previste) e, specialmente negli ultimi anni, dei ricongiungimenti familiari (2.873 nel 2013 contro 1.878 ingressi per motivi di lavoro e 310 per motivi di studio).
Nell’ultimo triennio il livello della loro presenza è rimasto sostanzialmente stabile. E oggi i tunisini rappresentano un sesto dei nordafricani in Italia, collocandosi al decimo posto tra le collettività non Ue. La tendenza all’insediamento stabile viene attestata dall’elevata incidenza tra i tunisini dei titolari di permesso di soggiorno di lungo periodo (pari ai due terzi dei soggiornanti, con 10 punti percentuali in più rispetto alla media). Le regioni Emilia Romagna e Lombardia detengono, ciascuna, un quinto di queste presenze. Si tratta di una popolazione giovane, che ha un’età media al di sotto dei 30 anni e per circa un terzo (31%) è costituita da minori. Sono circa 2mila i nuovi nati tunisini registrati ogni anno in Italia, mentre alunni tunisini nelle scuole italiane sono circa 20mila e sono maggiormente presenti nella scuola elementare.
Nel 2013 il tasso di occupazione dei cittadini tunisini è sceso al 46,2% (meno 8 punti rispetto all’anno precedente): un risultato più basso di quasi 10 punti rispetto alla media degli stranieri non comunitari. Nello stesso tempo il tasso di disoccupazione è salito al 25,9% (era al 17,5% solo nel 2012). In questi anni di crisi ad offrire maggiori opportunità di assunzione si confermano le costruzioni (26,8% del totale degli occupati), ma anche la pesca e l’agricoltura rappresentano i settori che più caratterizzano questa comunità(19,3%, 15 punti in più rispetto alla media dei non comunitari). Quanto al livello di istruzione, nel 2012 era più basso rispetto alla media degli stranieri: eppure, nonostante solo un quarto degli occupati abbia un diploma di studi superiori (e tra essi solo il 3,6% un’istruzione universitaria), è aumentata la percentuale dei lavoratori sovraistruiti rispetto alle mansioni loro affidate. Inoltre la metà degli occupati di origine tunisina ha percepito nel 2012 un reddito mensile inferiore ai 1.000 euro, mentre un tunisino su tre ha un reddito tra i 1.001 ed i 1.250 euro.
Negli anni Duemila sono notevolmente aumentate le attività imprenditoriali degli immigrati in Italia, anche dopo la crisi del 2008. Nel 2013 le imprese individuali di immigrati sono 400.976 e quelle in capo a un immigrato tunisino, per un quinto guidate da donne, sono 12.976 (3,2% del totale), con un aumento annuale inferiore rispetto alla media (2,9% rispetto a 3,8%). I settori d’impegno imprenditoriale prevalentisono le costruzioni (circa la metà delle imprese) e il commercio (38%), ma è significativo anche l’impegno in agricoltura (tre punti percentuali oltre la media), le rimesse inviate dall’Italia, che avevano superato i 100 milioni di euro nel 2007, sono andate costantemente riducendosi in questi anni di crisi e si sono attestate sui 48,8 milioni di euro nel 2013. Nel 2011, l’inizio della Primavera araba e l’afflusso consistente sulle coste italiane di persone in fuga dai tumulti (sono entrati in Italia 19.638 tunisini) hanno determinato un’emergenza, cui si è fatto fronte con il rilascio dei permessi di soggiorno per asilo e motivi umanitari, che sono stati 42.672 (di cui il 27,3% a cittadini tunisini) rispetto ai 10.336 dell’anno precedente, e con la richiesta al governo tunisino di un maggior controllo sui flussi. (ap)